Si conobbero che erano ragazzi, negli anni Cinquanta, alla Federico II di Napoli. E sono rimasti accanto per più di sessant’anni, fino alla morte di lui un anno fa. Quando lei, Clio Maria Bittoni, per tutti Clio Napolitano, comparve in pubblico per l’ultima volta sulla sua sedia a rotelle, per accompagnare il feretro del marito alle esequie laiche alla Camera dei deputati. Se n’è andata ieri dopo una lunga malattia, l’ex first lady, che negli anni di Giorgio Napolitano al Quirinale fece della discrezione – e dell’indipendenza – la sua cifra stilistica. Avrebbe compiuto 90 anni il prossimo novembre.
Sempre un passo indietro al Presidente, Clio: presente ma defilata, senza cercare visibilità né privilegi. Come quando fece la fila e volle pagare il biglietto a una mostra su Vermeer, nel 2012, alle Scuderie del Quirinale a Roma: casa “sua”. O quando, dopo qualche anno vissuto nell’ala del palazzo riservata ai presidenti col marito, preferì trasferirsi nell’appartamento del palazzo della Panetteria, in uno dei lati del Quirinale, dove si sentiva più libera da protocolli e formalità.
Era nata nel 1934 a Chiaravalle, in provincia di Ancona. Mentre i genitori, oppositori del regime fascista, si trovavano al confino. Si racconta che il nome Clio fu scelto proprio perché così si chiamava la figlia di un altro confinante socialista. Lei però è nel Pci che milita fin da giovanissima. Così come Giorgio, con cui si sposa a Roma nel 1959, con rito civile al Campidoglio. Il marito sceglie la via della politica, lei quella dell’avvocatura. Si specializza in diritto del lavoro e nella legge sull’equo canone in agricoltura. E per questo è a lei che si rivolgono decine di braccianti, che la chiamano «l’avvocato». Tanto che in una di quelle riunioni, Napolitano viene additato come «il marito dell’avvocato nostro». Per anni Clio lavorerà nell’ufficio legislativo della Lega delle Cooperative, salvo lasciare quando il marito diventa presidente della Camera, nel 1992. «Lasciai perché mi sembrava inopportuno rimanere. Forse in questo senso – raccontò anni dopo – Giorgio ha influenzato la realizzazione di un percorso professionale».
AUTO BLU E SCORTA
Nel vestire i panni da first lady però, Clio Maria Bittoni non rinunciò mai alla sua autonomia. Preferiva evitare auto blu e scorte, se poteva. Il che le costò pure una corsa in ospedale, quando di ritorno da un viaggio istituzionale in Austria uscì da un ingresso laterale del Quirinale per fare una passeggiata. E finì investita da un’auto, e portata al Policlinico del Celio con due fratture.
Un’unione indissolubile, quella con Napolitano. Un «rapporto alla pari» lungo 64 anni, lo definiva lei. «Non avrei mai potuto sposare un uomo che in linea generale non la pensasse come me», disse intervistata da Paola Severini Melograni nel suo libro “Le mogli della Repubblica”. «Non ho mai dovuto combattere per tenermelo, e dove andava? Non ho mai pensato che la nostra fosse una unione destinata a non durare, abbiamo sempre avuto una vita familiare molto intima, lavorando nella stessa stanza». Ed è di Clio il consiglio che l’allora capo dello Stato ascolta, quando nel 2015 sceglie di lasciare, a due anni dall’inizio del suo secondo mandato al Quirinale.
Unanime il cordoglio della politica. Di «profondo dolore» parla il presidente del Senato Ignazio La Russa: Donna di grande sensibilità e intelligenza, ha accompagnato con eleganza e discrezione il marito Giorgio Napolitano per il quale è stata sempre un importante riferimento». La ricorda così Enrico Letta: «Una persona dalle enormi qualità che ha sempre saputo interpretare il suo ruolo con misura e senso delle istituzioni. Un esempio per tutti».
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