«Un passo indietro sullo stop alla pubblicità dei bandi dei lavori pubblici sui giornali decisa dal Codice degli Appalti». È questa una delle priorità, dice al Messaggero Maurizio Gasparri, per un settore cruciale come l’editoria. Ma «vanno fermati anche ladri digitali di contenuti, dice il presidente dei senatori di Forza Italia in prima fila da anni nella battaglia contro «lo strapotere» delle big tech che si stanno «impossessando di contenuti, di commercio e di pezzi importanti della vita produttiva, comunicativa e culturale senza pagare tasse e, spesso, senza remunerare i contenuti». Ma ora «bisogna essere più duri nella tutela del diritto d’autore». E «va sostenuto subito il settore con un incremento dei fondi ad hoc per l’editoria di almeno altri 100 milioni». Un raddoppio da mettere agli atti nella Legge di Bilancio.
Senatore, la transizione digitale mette da anni sotto pressione un comparto strategico per il Paese. Il campo dello scontro con le big tech come Google e Meta (ex-Facebook), è internazionale, ma dare più peso ai fondi per l’editoria non è tra le missioni nazionali?
«Vanno senz’altro ripristinati certi fondi per il settore. Durante il periodo Covid le risorse destinate all’editoria erano state incrementate. E proprio in quel periodo i ladri di contenuti sono stati anche avvantaggiati dalla nuova consuetudine degli italiani con la rete. Il saccheggio è stato enorme. Noi di Forza Italia riteniamo che ora si debbano recuperare nuovi fondi per chi fa i giornali veri. E bisogna anche fare in modo che la rete di distribuzione non scompaia. È vero che una parte dell’utenza utilizza gli abbonamenti digitali — quelli legali — ai giornali. Ma spesso la concorrenza tra i protagonisti del settore assicura livelli poco remunerativi rispetto agli investimenti che le aziende devono sostenere. Senza contare i danni dei pirati della rete».
Dove trovare le risorse?
«Parliamo di almeno 100 milioni. Qualcosa in più, se possibile. E vanno recuperati dai giganti della rete che pagano solo l’1% di tasse».
Quindi più tasse per Google, Amazon e le grandi piattaforme?
«È davvero inaccettabile che si paghi l’1%. Siamo di fronte a una violazione palese. Le risorse evase recuperate possono aumentare la dote per l’editoria».
Certo, ha il suo peso anche l’impatto del nuovo codice degli appalti sulla pubblicità legale che pesa per quasi il 12% sugli introiti pubblicitari del comparto.
«Su questo fronte bisogna valutare un passo indietro, tornando alla pubblicità dei bandi sui quotidiani, di fronte alle difficoltà comunicative e di trasparenza oggettive di un sistema, quello delle piattaforme digitali gestite dall’Anac, di fatto non accessibile a tutti. La rete non è a portata di tutti come i giornali».
Il regolamento Agcom sull’equo compenso, che applica la Direttiva Ue sul Copyright, ha segnato un passo importante. Ma è sufficiente per limitare i pirati?
«Certamente va seguita la strada degli accordi per la tutela della proprietà intellettuale, come quello siglato tra la Fieg e la Siae per negoziare con le piattaforme digitali l’equo compenso da queste dovuto per l’utilizzo online degli articoli di giornale. Insisto, noi dobbiamo tutelare le aziende editoriali, che sono conoscenza, sapere, democrazia e libertà. Ricordo che l’agonia dei giornali è un impoverimento della democrazia e della conoscenza del Paese. Attenzione, anche la tutela delle edicole è per noi una priorità nell’azione dei gruppi parlamentari di Forza Italia. E siamo sicuri del sostegno del vicepresidente del consiglio Antonio Tajani e del sottosegretario con delega all’editoria Alberto Barachini».
La battaglia non sarà facile.
«Bisogna sollecitare nella loro indipendenza e autonomia le Autorità, come l’Antitrust e l’Agcom, ad agire sempre più drasticamente. La rotta presa dall’Antitrust negli Stati Uniti contro Google è incoraggiante. Quindi, nessuna subalternità di fronte a certi colossi. Anche il dialogo non serve di fronte a quelli che definisco “corruttori degli animi”. Bisogna stangare questi ladri del digitale facendogli pagare miliardi di euro. Purtroppo capita anche che alcuni di questi facciano ricorso davanti a organi, deboli, aggredibili. E anche condizionabili? Temo di sì, visto che annullano sentenze molto onerose per questi giganti. Invece non bisogna arretrare rispetto al dovere di stangare questi ladri digitali».
© RIPRODUZIONE RISERVATA