Un altro ritocco all’Irpef. L’intenzione è di ridurre il secondo scaglione, l’aliquota del 35 per cento che grava sui redditi tra 28 e 50 mila euro. Dai 51 in su si passa all’ultimo scaglione, il 43 per cento. L’intenzione è di riuscire a ridurre il prelievo di due punti percentuali, portandolo al 33 per cento, usando i proventi del concordato preventivo biennale delle Partite Iva. La conferma arriva direttamente dalla premier Giorgia Meloni durante l’incontro con i sindacati di oggi: «In materia di imposte viene reso strutturale il passaggio da quattro a tre aliquote Irpef, con l’accorpamento dei primi due scaglioni di reddito. È chiaramente intenzione del governo intervenire anche sullo scaglione di reddito successivo, ma questo dipenderà ovviamente dalle risorse che avremo a disposizione e che arriveranno anche alla chiusura del concordato preventivo. Anche stavolta abbiamo deciso di concentrare le risorse su alcune priorità: il sostegno ai redditi medio-bassi, il sostegno al lavoro, gli incentivi alle famiglie con figli, la riduzione della pressione fiscale, l’aumento delle risorse nella sanità e il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici. Abbiamo deciso di confermare e potenziare le principali misure introdotte negli anni precedenti, in particolare relative al mondo del lavoro e al sostegno alla famiglia, rendendone alcune strutturali, come peraltro veniva richiesto soprattutto dalle organizzazioni sindacali», ha spiegato Meloni.
Irpef, taglio per ceto medio: benefici fino a 627 euro. Ecco chi ci guadagna e chi no, le simulazioni e le tabelle
«Mi riferisco, in particolare, al taglio del cuneo fiscale. Ricordo che, quando siamo arrivati al governo due anni fa, molti sostenevano che non saremmo stati in grado di confermare il taglio del cuneo contributivo in scadenza al 31 dicembre 2022. Invece, non solo lo abbiamo confermato, ma a metà 2023 lo abbiamo fortemente potenziato, confermandolo poi con la legge di bilancio 2024. Ora, con la nuova manovra, lo rendiamo strutturale e ne ampliamo i benefici ai circa 1,3 milioni di lavoratori con redditi tra 35 a 40mila euro annui, seppure con un decalage, anche qui rispondendo a una tematica che era stata correttamente posta dai sindacati sulla evidente discriminazione dei lavoratori che guadagnavano pochi euro in più di altri ma, a differenza di quegli altri, non beneficiavano del taglio del cuneo. Come sapete, inoltre, non si interviene più sull’aspetto contributivo, ma su quello fiscale, e questo ci consente anche di ottenere un altro vantaggio, ovvero evitare il rischio che parte del taglio potesse causare un incremento della pressione fiscale. Differenziamo anche la modalità di fruizione a seconda del reddito. Ai lavoratori dipendenti con reddito complessivo non superiore a 20.000 euro, è stato riconosciuto un bonus; ai soggetti che, invece, hanno un reddito complessivo dai 20.000 a 40.000 euro è stata riconosciuta un’ulteriore detrazione dall’imposta lorda. L’effetto per il lavoratore in busta paga rimane lo stesso. Confermiamo l’esonero contributivo per le mamme lavoratrici dipendenti con almeno due figli. Ed estendiamo questa misura anche alle lavoratrici autonome (escluso coloro che hanno optato per il regime forfettario), che percepiscono reddito d’impresa o di lavoro autonomo», ha aggiunto.
«Nessuna rivolta sociale quando si aiutavano le banche»
«Il ministro Giorgetti sarà più puntuale di me, ma io ci tengo a dire che la solidità, la credibilità e il coraggio di questo governo hanno consentito di poter far partecipare banche e assicurazioni alla copertura della legge di bilancio», ha detto Meloni durante l’incontro fra governo e sindacati sulla manovra, parlando delle coperture con cui sono finanziate le misure. Per Meloni è «un grande cambiamento rispetto al passato, quando invece con la legge di bilancio si trovavano le risorse per sostenere banche e assicurazioni, e nessuno invocava la rivolta sociale. Per il resto — ha aggiunto nel suo intervento introduttivo — ci sono misure di contenimento dei costi dei Ministeri, maggiori entrate fiscali derivanti anche da lotta all’evasione e una parte di deficit aggiuntivo, che possiamo permetterci in virtù della gestione oculata che abbiamo avuto nei primi due anni di governo».
I bonus edilizi
«Capitolo Superbonus e bonus edilizi. I bonus edilizi vengono gestiti con buon senso», ha detto Meloni. «Si distingue tra prima casa e seconda casa: il bonus ristrutturazioni — ha ricordato la presidente del Consiglio nel suo intervento introduttivo — viene confermato al 50% sulla prima casa mentre scende al 36% dalla seconda casa in poi. Per quanto riguarda il Superbonus, si prevede, anche per le spese effettuate nel 2023, la possibilità di spalmare su dieci anni i crediti legati al 110%, così da tutelare i contribuenti che avrebbero rischiato di perdere la quota di detrazioni non utilizzata nell’anno».
Pensioni minime
Meloni torna anche sulle pensioni minime: «Anche nel 2025 e nel 2026, come nei due anni precedenti, le pensioni minime saranno rivalutate oltre il livello di inflazione indicato dall’Istat. Le norme riguardanti le uscite anticipate dal lavoro restano pressoché immutate. Per il rinnovo dei contratti pubblici — ha aggiunto — la manovra prevede uno stanziamento di 4,4 miliardi di euro nel triennio 2025-2027. Per la prima volta, non solo lo stanziamento viene previsto in anticipo rispetto alla scadenza del periodo di riferimento del rinnovo (2025-2027), ma copre ben due trienni di rinnovi (sino al 2030)»
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