María Corina Machado Parisca, nuovo Premio Nobel per la pace, è oggi la principale oppositrice del regime di Nicolás Maduro, l’ex conducente di autobus che ha preso il potere in Venezuela nel 2013 e l’ha conservato con l’aiuto della corruzione, della repressione, dell’esercito, della Russia e della Cina. Machado non è una rivoluzionaria, è fermamente anticomunista. Si definisce una liberale di centro, ma incontra molte simpatie nella destra nazionale i cui esponenti si fanno chiamare «MAGAzuelani», in omaggio al trumpismo. I suoi legami con la destra americana sono d’altra parte solidi: già nel 2005 era stata ricevuta da George W. Bush alla Casa Bianca e gli incontri dei suoi emissari con rappresentanti di Donald Trump, compreso il Segretario di Stato Marco Rubio, sono stati numerosi, contribuendo a determinare la svolta interventista degli Stati Uniti, limitata per ora ai trafficanti di droga venezuelani. Machado è stata molto criticata tra il 2018 e il 2020 per avere promosso la presenza di truppe straniere nel paese, necessarie ad abbattere quello che definiva un «regime criminale» basato sul narcotraffico e sul terrorismo. Aveva anche inviato una lettera a Benjamin Netanyahu, chiedendo un intervento militare israeliano in Venezuela e motivandolo con una presunta alleanza tra il regime di Maduro e gruppi estremisti nemici di Israele.
Nata a Caracas il 7 ottobre del 1967, Machado ha studiato in una esclusiva scuola femminile cattolica prima di andare negli Stati Uniti per essere ammessa al prestigioso college di Wellesley, nei pressi di Boston, che già vantava nell’allieva Emily Greene Balch un altro Nobel per la Pace.
IL COLPO DI STATO ANTI MADURO
Laureata poi in Venezuela in ingegneria e finanza, era destinata a lavorare nell’azienda di famiglia con il padre Henrique Machado Zuloaga, magnate dell’acciaio, ma la sua vocazione era un’altra: la politica. Nel 2002 prese parte al colpo di stato che cercò inutilmente di rovesciare Hugo Chávez, il predecessore di Maduro, poi fondò il movimento Vente Venezuela, cominciò a tenere comizi di grande efficacia e si presentò alle elezioni nel 2011, raccogliendo il maggior numero di voti nella storia dell’Assemblea Nazionale. E’ stata in Parlamento fino al 2014, quando la costrinsero a dimettersi per avere accettato l’incarico di «rappresentante supplente» di Panama presso l’Organizzazione degli Stati Americani.
Candidata alla presidenza per Vente Venezuela in una Piattaforma Unitaria dell’opposizione nel 2023, avrebbe sicuramente vinto. È stata dunque subito accusata dal regime di frode fiscale e di sostenere le sanzioni imposte dagli Usa al Venezuela, reati che rendevano necessaria l’inibizione da qualunque attività politica per 15 anni. Al suo posto fu candidato un amico, Edmundo González Urrutia, un oscuro diplomatico. L’opposizione vinse comunque le elezioni, ma Maduro disse che non era vero e impose con la forza la sua versione dei fatti. Da allora González vive all’estero e Machado in clandestinità.
In Venezuela è soprannominata la Lady di Ferro, perché è dura come lo fu Margaret Thatcher. Ma ai suoi comizi andavano sempre migliaia di persone, conquistate dalla passione, dal coraggio, dall’eccellente retorica, dalla speranza di un futuro migliore che infondeva in chi l’ascoltava. Un impegno che non è passato inosservato: nel 2018 era stata inserita nelle 100 Women della BBC, nel 2024 ha ricevuto il Premio Václav Havel per i diritti umani assegnato dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e il Premio Sacharov del Parlamento europeo. Ora il Nobel per la Pace. Ha molto seguito, chi la sostiene vede in lei una figura unificante, in grado di mobilitare l’opposizione per rovesciare Maduro e difendere i diritti umani, la libertà e la giustizia. Ma ha qualche nemico anche nei gruppi di cui fa parte, e viene accusata di avere un approccio «tutto o niente» che impedisce qualunque mediazione. Dicono anche che pensi troppo ai ricchi nonostante le iniziative in favore dei poveri, e che abbia legami troppo stretti con governi e entità straniere. Ha espresso apprezzamento per leader di destra come Javier Milei in Argentina e Nayib Bukele a El Salvador, ma il suo idolo oggi è Donald Trump, l’unico che può darle l’aiuto decisivo, quando gli sarà sbollita la rabbia per non avere ricevuto lui il Nobel.
v. sab.
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