12.05.2025
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Politics

la coalizione è a quota 406, ma c’è lo spettro defezioni


Se il voto fosse palese e l’Unione europea una macchina semplice, il bis di Ursula von der Leyen sarebbe poco più di una formalità. Pallottoliere alla mano infatti, tra popolari, socialisti e riformisti i voti a disposizione della presidente della Commissione Ue uscente sarebbero 406. Esattamente 45 in più, dei 361 necessari per ottenere la maggioranza assoluta. Eppure, queste preferenze non sono abbastanza.

All’interno delle famiglie europee che sostengono la riconferma della tedesca a rue de Berlaymont infatti, ci sono partiti che a causa di delicati equilibri nazionali o di odi territoriali, non sono disposti a sostenere la maggioranza. Degli esempi? Dal monte di 190 seggi del Ppe vanno sottratti i 6 dei Les Républicains francesi e i 5 dell’Sds sloveno dell’ex premier Janez Janša. Da quello di 80 dei liberali di Emmanuel Macron invece, 5 dei tedeschi del Freie Demokratische Partei, in aperta contrapposizione con von der Leyen. Tutte resiste note che già rosicchiano lo spazio della maggioranza, abbassando il margine di vantaggio a 29.

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I SOCIALISTI

Non che vada meglio tra i socialisti dove sono ancora in corso molte e complicate riflessioni. Anche da parte del Partito democratico, che a Strasburgo ha ottenuto l’elezione i 21 europarlamentari. Elly Schlein potrebbe infatti ritrovarsi nella scomoda posizione del dover far sostenere la stessa candidata alla Commissione europea di Giorgia Meloni. Difficile costruire una narrazione anti-FdI a quel punto. Facile, al contrario, immaginare qualche defezione. Una situazione assolutamente simile a quella francese, dove i 13 seggi di Réveiller l’Europe, potrebbe non essere così scontati all’interno di una coalizione in cui Macron fa il bello e il cattivo tempo.

Motivazioni politiche affini a quelle di decine di altri deputati considerati in bilico. Proprio per questo è necessario blindare l’elezione con qualche ulteriore stampella, strutturale o meno. Meloni, ad esempio, scorporati i 20 seggi dei polacchi del PiS (contrari al Ppe dell’acerrimo nemico polacco Donald Tusk), nel segreto dell’urna dovrebbe poter garantire a von der Leyen circa 50-60 voti. Magari anche contando, dietro la promessa di un futuro ingresso in Ecr, sugli 11 seggi degli ungheresi di Fidesz, del presidente Viktor Orbán.

Poco più di quelli che potrebbe offrire l’altra ipotetica stampella: i Verdi. Le 42 preferenze occupati dal nuovo corso del partito che fino alla scorsa legislatura è stato parte della maggioranza avrebbero il pregio di “riabilitare” alcune porzioni dei socialisti (come Schlein) ma di allontanare porzioni consistenti dei popolari europei.

Il gioco di equilibri è evidentemente delicatissimo e di difficile previsione. Basti pensare che alla scorsa tornata von der Leyen passò le forche caudine del voto solo grazie a 9 preferenze nonostante un vantaggio sulla carta di oltre 80 deputati. E per di più ricorrendo al sostegno dei non iscritti, come Movimento 5 stelle e Orbán. Difficile immaginare che questa volta le cose vadano in maniera opposta.

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