L’appuntamento è fissato per il 14 novembre al ministero dello Sviluppo economico e del made in Italy. Al tavolo, per affrontare la grave crisi dell’automotive, ci saranno i rappresentati di Stellantis, quelli delle Regioni in cui ci sono gli stabilimenti produttivi del gruppo, insieme alle organizzazioni sindacali e all’Anfia, l’associazione nazionale filiera italiana automotive. La convocazione è arrivata solo oggi, rispetto agli annunci fatti in precedenza, perchè si attendeva la calendarizzazione dell’audizione di John Elkann. Il presidente di Stellantis e azionista attraverso Exor del colosso automobilistico, ha, come noto, declinato l’invito, suscitando una ondata di polemiche e i duri attacchi di tutti i partiti, dalla Lega al Pd, da Fdl ad Azione.
IL CONTATTO
In serata sempre Elkann ha fatto sapere di aver telefonato al presidente della Camera Lorenzo Fontana, ribadendo di «essere aperto al dialogo con le istituzioni e di non volere disimpegnarsi dall’Italia». Si fa strada anche l’ipotesi che Carlos Tavares possa autoridursi il maxi stipendio da 24 milioni di euro. Un segnale non solo simbolico di fronte alla crisi.
Resta comunque forte l’irritazione da parte del ministro Urso dopo la mancata audizione di Elkann in Parlamento. L’incontro con Stellantis cade dunque in un periodo di fuoco. Con più di un osservatore che teme l’effetto domino in Europa dopo l’annuncio di Volkswagen pronta a chiudere tre stabilimenti in Germania, tagliando di 4 miliardi il costo del lavoro. Sulla stessa scia Audi, ma a breve, sostengono i sindacati tedeschi, potrebbe accodarsi anche Mercedes. La crisi è legata al flop dell’auto elettrica e ai maxi investimenti delle case automobilistiche tedesche che non sono stati ripagati da una risposta soddisfacente del mercato.
I VINCOLI
Pesa ovviamente il diktat, imposto da Bruxelles, sul green deal. Vincoli (lo stop alle vendite della auto con il motore termico nel 2035) che hanno messo all’angolo i costruttori europei, imponendo un cambio troppo rapido delle piattaforme produttive.
Ma ad essere spiazzata è tutta la filiera. Nel primo semestre 2024, spiega l’Anfia, sono stati annunciati tagli per ulteriori 32.000 posti di lavoro. Le imprese della componentistica auto sono pessimiste: il 12% valuta addirittura l’uscita dal settore.
Intanto dalla Germania i conti di Volkswagen certificano l’impasse della casa di produzione tedesca, che ha chiuso il terzo trimestre con un utile in calo rispetto allo stesso periodo del 2023 del 63,7%, a 1,58 miliardi. I ricavi si sono attestati a 78,5 miliardi(-0,5%), mentre l’utile operativo è sceso del 41,7%, a 2,85 miliardi. Ma anche Toyota non brinda: la sua produzione globale è scesa del 7% nel primo semestre 2024, registrando la prima flessione in 4 anni.
LA DIFFERENZA
Tutto questo mentre in Cina — decisa a resistere alla scure dei nuovi dazi Ue per le e-car- si registra l’exploit del produttore di veicoli elettrici Byd, che con i ricavi saliti a oltre 28 miliardi di dollari nel terzo trimestre supera per la prima volta i rivali di Tesla. Pechino è decisa a fare muro contro i nuovi dazi Ue sulle e-car, annunciando «un reclamo al Wto» e una serie di «misure necessarie per proteggere con fermezza i legittimi diritti e interessi delle sue aziende».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leave feedback about this