«Le possibilità — lo ha ripetuto più volte Matteo Renzi, sono due — o ci teniamo Giorgia Meloni o creiamo un’alternativa». Frontista, unitario o e pronto a mettersi in gioco, il leader di Italia Viva si presenta come uno dei maggiori promotori del campo largo, il fan assoluto della coalizione di centrosinistra formatasi negli ultimi mesi che include PD, M5S, Verdi e ora anche Italia Viva.
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E pur essendo il novellino del campo largo, Renzi ne parla più di chiunque altro, in TV, nelle interviste e sui social. Funge sì da collante e ha già dichiarato che Italia Viva si unirà alle forze del campo largo per le regionali in Liguria, previste per l’autunno.
Ma quanto può effettivamente portare il leader di Iv all’alleanza? E soprattutto, chi non lo vuole nel campo largo?
Quanto incide Renzi?
È ancora presto per avere sondaggi definitivi, ma una prima analisi condotta da Lorenzo Pregliasco di YouTrend per il quotidiano La Repubblica stima che il consenso si aggirerebbe intorno al 3,8%. Tuttavia, bisogna considerare che questo 3,8% sarebbe da attribuire alla lista Stati Uniti d’Europa, non esclusivamente ad Italia Viva, poiché si tratta di un’alleanza con +Europa. Pertanto, lo spostamento di Renzi influirebbe solo per circa il 2%. Inoltre, il leader di Iv dovrà aspettarsi di perdere una parte degli elettori che hanno trovato nel partito l’alternativa al centrosinistra e al centrodestra.
I primi attriti
Ma sono già emersi i primi attriti, specialmente con il leader pentastellato, Giuseppe Conte. Ancora scottato dalla caduta del governo Conte bis innsecata proprio dallo stesso Renzi. Lui, di sicuro, la porta a Renzi la terrebbe volentieri chiusa. «Gli ultimi anni Matteo Renzi si è vantato sempre di aver mandato a casa il governo Conte in piena pandemia — ha aggiunto il presidente dei 5 Stelle uscendo dall’assemblea di Coldiretti — E oggi che fa? Dice che Conte è interlocutore privilegiato? Per noi di M5S la politica è una cosa seria…». E a chi gli chiedeva se fosse un veto, il leader del M5S ha risposto ribadendo: «È una cosa seria». Renzi e il leader pentastellato non si sono mai amati. Il primo screzio nasce con un intervento di Renzi al Senato nel giugno 2018. «Lei è un premier non eletto, potrei dire un collega. Ma nessuno le nega la legittimità perchè non ce n’è motivo», sottolineava Renzi ricordando come, nella precedente legislatura, proprio Movimento 5 Stelle e Lega erano soliti attaccarlo in quanto presidente del consiglio non eletto da nessuno. Poi vari screzi in Parlamento, fino ad arrivare alla caduta del Governo.
Il Pd
Dall’altra parte, c’è il pd della segretaria dem Elly Schlein, che sembra determinata a non ripetere l’errore commesso da Enrico Letta nel 2022 con Azione, quando la mancata alleanza tra i due partiti portò alla vittoria del centrodestra. Negli scorsi giorni Schlein ha dichiarato, però, che «le alleanze non si fanno in stanze chiuse tra gruppi dirigenti. Si fanno se, come abbiamo fatto sui territori, mettiamo in fila le priorità che interessano agli italiani e su quelle ci impegniamo insieme, su quelle mescoliamo la nostra gente che ha voglia di darsi da fare e che in queste Amministrative ha dimostrato già di sapere convincere le proprie comunità e di vincere le elezioni».Renzi è un presonaggio che piace anche ai riformisti del partito, come Stefano Bonaccini: «Dobbiamo far si che il Pd si rigeneri, che abbia una nuova classe dirigente e che metta in campo una proposta per costruire il centrosinistra — ha affermato un’intervista l’eurodeputato dem. «La vera rivincita è nei confronti della destra — ha proseguito — L’obiettivo è di costruire le condizioni per tornare a essere il primo partito alle prossime elezioni europee e vincere nei comuni».
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