Piove a Roma in questa seconda metà di settembre? È colpa di Pellegrini. La città è paralizzata nel traffico per lo sciopero dei mezzi? Chiedere a Lorenzo. De Rossi esonerato? La responsabilità è del Capitano. La Roma fa 3 punti in 4 gare? E di chi l’onere se non del numero 7? Quando entri in un vortice del genere, è difficile tirarsene fuori. Se ne è accorto Pellegrini il giorno dell’esonero di Daniele: l’unico tra i calciatori della rosa a fermarsi davanti ai tifosi inferociti all’esterno di Trigoria e uno dei tre insieme a Mancini e Dybala a chiedere e ottenere udienza ai Friedkin. Eppure quando è uscito a tarda sera dal Fulvio Bernardini è stato rincorso e insultato come uno qualunque. Anzi, di più: come fosse il responsabile di tutto quello che nella Roma non va. Del resto viviamo al tempo dei social dove basta lanciare nell’etere un vocale che racconti di una rissa all’Ok Corral dentro gli spogliatoi, per far diventare una palese fake una possibile ricostruzione. Premessa, per non incorrere in buonismi che nessuno cerca e vuole regalare al calciatore: Pellegrini sta giocando male. E non da oggi. Nelle prime quattro gare di campionato, questo giornale gli ha dato una sufficienza stiracchiata soltanto una volta. Appare fisicamente in ritardo, fragile nei contrasti, spesso fuori dal gioco e la panchina di Genova non era altro che il risultato delle sue prestazioni. Però a tutto c’è un limite.
Catalizzare sul Capitano l’umore della piazza è stato sempre il destino di chi porta quella fascia al braccio. Giannini, ad esempio, ne sa qualcosa. Ma se non vogliamo scomodare Peppe, fresco sessantenne, basta vedere il trattamento riservato negli ultimi tempi a due icone come Totti e De Rossi. A Daniele sono bastati tre punti in 4 gare per dubitare delle sue doti di allenatore, salvo poi rimpiangerlo, e insultare Totti (sì, avete letto bene, Totti Francesco, quel signore che ha segnato 307 gol in giallorosso) perché reo — anche senza conoscere l’inglese (cit.) — di capire prima degli altri scenari inimmaginabili soltanto una settimana fa. Figuriamoci quindi cosa conta aver perso l’Europeo della vita per giocare un derby, esser stato il capitano che ha alzato la coppa a Tirana (e premiato come miglior giocatore della manifestazione) o segnare 32 reti nell’ultimo triennio: zero.
CROCEVIA
Lorenzo è giunto a un bivio della sua carriera, anche dettato da un contratto che lo vedrà a giugno arrivare ad un anno dalla scadenza. O si risolleva oppure è destinato a finire nell’oblìo nel migliore dei casi, se non proprio nel tritacarne degli odiatori di professione, soprattutto se la Roma dovesse vivere un’annata anonima. Paradossalmente — visto il legame e l’amicizia che lo legava a De Rossi — Juric potrebbe essere l’uomo giusto al posto giusto. Se verrà dato seguito al 3-4-2-1 che ha in mente il tecnico croato, uno dei due posti dietro Dovbyk sarà il suo. E in quel caso, non ci saranno più scuse. Una posizione che sembra cucitagli addosso. Negli anni, infatti, Pellegrini sembra aver perso un po’ la sostanza e il peso nei contrasti che una mezzala deve avere. Il meglio lo dà ancora palla al piede, negli inserimenti, quando può giocare vicino alla porta avversaria, libero di spaziare e abbassarsi per prendere il pallone e smistarlo. Senza contare che il 3-4-2-1 può trasformarsi facilmente in 3-4-1-2, guarda caso le stelle polari del tecnico di Spalato. Quale sia la decisione tattica, per Pellegrini siamo arrivati al redde rationem. Anche Totti glielo ha detto: «Gli voglio bene ma deve tirarsi fuori da questa situazione da solo. I fischi? Facesse come Tommasi». Dipende quindi soltanto da lui. Certo, se anche Juric dovesse farlo giocare a dispetto di altri, entrerebbe in un club già abbastanza numeroso: Di Francesco, Fonseca, Mourinho, De Rossi, Mancini (fino a quando non s’infortunò) e Spalletti (gli ultimi due in Nazionale). Palla al campo, quindi, e senza scuse. Consiglio non richiesto: giochi soltanto quando sta bene e non al 50%. Il tempo della gratitudine e nel quale sventolavano le bandiere, purtroppo è finito. Per informazioni chiedere a De Rossi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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