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Jannik Sinner, oggi la conferenza stampa (anche) sul caso doping. A New York ha tutti contro


Piove sul bagnato. Gli US Open si vedranno in chiaro su SupertennisTv e SupertenniX ma saranno più torbidi che mai da lunedì per Jannik Sinner. Dopo un avvio soft, subito McDonald (precedenti 3-0), poi magari il picchiatore Michelsen, quindi uno fra O’Connell e Jarry — sempre che Fils non esploda -, dopo di che forse Tsitsipas e Paul, e poi nei quarti Daniil Medvedev e in semifinale Carlos Alcaraz. Che sono i big che hanno stoppato quest’anno il numero 1 a Wimbledon e prima ancora al Roland Garros e a Indian Wells, due ex campioni di New York, due pensieri che si sommano a delusioni nei grandi tornei, dolori all’anca, condizione fisica in via di definizione, polemiche per il secondo no olimpico e scandalo-doping, sia pur con assoluzione in prima istanza. Darren Cahill è l’ancora ideale nella tempesta di Jannik: da coach di altri 3 re della classifica — Agassi, Hewitt e Halep — gli trasmette fiducia, sicurezza, esperienza e serenità, da stimato opinionista tv (ESPN), parla al meglio al mondo anglosassone, da ex giocatore, gli fornisce informazioni e dritte giuste. Oltre tutto, proprio agli US Open, nel 1988, il 58enne australiano (n. 22 del mondo l’anno dopo) raggiunse il massimo negli Slam, battendo Becker e cedendo poi in semifinale a Wilander, futuro campione. Cahill è impressionato e insieme preoccupata dal «self control» del primo numero uno del mondo italiano del tennis durante questi sei mesi di diatribe procedurali dietro le quinte. Addirittura giovedì, durante il torneo Cincinnati, Jannik è rimasto sei ore e mezza in conference call per seguire passo passo la vicenda-doping. «Se non sei un suo fan non noti grande differenza gli ultimi due mesi perché sta ancora giocando bene. Ma il linguaggio del corpo e l’entusiasmo sul campo sono cambiati», suggerisce il super-coach pensando alla doppia guerra di un fenomeno pur sempre di 23 anni. Mentre Mats Wilander e John McEnroe, da ex campioni e talent tv, contestano i sei mesi di buio dalla sua positività alla sentenza che sarebbe rimasta anche criptata senza la solita gola profonda. Ma è meglio crocifiggere e poi riabilitare dopo l’ultima decisione magari ribaltata dal ricorso al TAS dopo una tremenda via crucis?

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Intanto, dopo due anni, il team Sinner perde pezzi importanti come il preparatore atletico, Umberto Ferrara (già nel gruppo che con coach Simone Vagnozzi portò per un paio d’anni Marco Cecchinato in paradiso), e il fisioterapista Giacomo Naldi, cooptato dal concittadino di Bologna. Ma Jannik deve sostenere come se niente fosse gli sguardi inquisitori della gente e le cattiverie dei colleghi, la prima conferenza stampa ufficiale di oggi a New York e la Spada di Damocle del ricorso Wada.
L’ente supremo antidoping crederà alla tesi — sposata dal tribunale indipendente Sport Resolutions — che il mago dei muscoli e anche dietologo ha passato lo spray al Clostebol al massaggiatore, che aveva un dito ferito, che ha trasmesso la sostanza vietata all’atleta, che era ignaro di tutto e nulla poteva?

RISCHIO PAOLINI

Se Djokovic ha il tabellone migliore dei big, fra i 10 italiani (si è aggiunto anche Bellucci), con 4 teste di serie, Lorenzo Musetti, dopo Opelka, «vede» Rune, Berrettini, dopo l’ostico Ramos-Vinolas potrebbe incrociare Fritz; gli altri primi turni: Cobolli-Duckworth, Arnaldi-Svajda, Darderi-Baez, Sonego-Paul, Fognini-Machac, Nardi-Bautista Agut.
Fra le 5 azzurre, dopo le ultime due finali Slam, Jasmine Paolini rischia subito con Andreescu, altri: Cocciaretto-Baindl, Errani-Bucsa, Trevisan-Townsend, Bronzetti-Sun.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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