Dai tredici minuti di gloria, ai tre quarti d’ora di dolore. Simul stabunt, simul cadent. Insieme avevano scritto il primo capitolo di una storia magica, insieme hanno salutato il Mondiale nello stadio della leggenda. Destini incrociati ancora una volta per Gianmarco Tamberi e Marcell Jacobs. Nel bene il 1° agosto 2011, nel male ieri. Sempre attorno all’ora del pranzo italiano sono bastati 47 minuti per certificare il duplice disastro. Alle 13 l’eliminazione del saltatore marchigiano nella qualificazione dell’alto: tre errori a 2.21 dopo il 2.16 alla prima. Alle 13.47 l’uscita in semifinale del velocista gardesano: 10”16 e diciannovesimo posto complessivo, per entrare negli otto serviva 9”97. Sicut transit gloria mundi. Quattro anni dopo agli eroi di Tokyo si sono spezzate le ali e le loro storie si sdoppiano. Gimbo ha nel mirino Los Angeles 2028 e perciò nell’anno della paternità prima ha messo a posto il ginocchio, poi ha tentato l’impossibile assumendosi il rischio della brutta figura. Per Marcell invece può finire qui, sebbene il diretto interessato voglia ancora prendersi tempo prima dell’ufficializzazione. Jacobs non ha più voglia di sgobbare per inseguire i big dello sprint mondiale che viaggiano a velocità tripla rispetto alla sua. Un fulmine a cielo coperto, perché la scossa era già nell’aria. Una sola gara in stagione, anonima a metà giugno, poi il nulla, tra comunicati di infortuni, gare annullate e inviti federali declinati.
TANTI DUBBI
Quattro anni fa era il più bello sul piano stilistico, in semifinale vederlo correre è stato un colpo al petto. Perciò quando lo sprinter desenzanese si è avvicinato ai microfoni il tavolo era già apparecchiato per servire il menù doloroso, che lascerebbe spazio solo alla forma definitiva dell’annuncio, non alla sostanza dei fatti. Pur non pronunciando mai la fatidica parola, Jacobs ha fatto capire che potrebbe ritirarsi. «L’anno scorso, dopo aver vinto l’Europeo ed essere tornato in una finale olimpica mi ero fatto una promessa: se avessi fatto un’altra stagione difficile non so se ne avrei ricominciata un’altra. Adesso ho bisogno di liberare la testa e capire se valga la pena continuare a soffrire». Un pensiero breve, succinto e compendioso, che non lascia adito a repliche. «Se mi esprimo in 10”16, un crono che facevo da lunghista, mi devo interrogare. La mia corsa è pesante, non sono fluido e da un anno all’altro non posso stravolgere il mondo, in più rincorrendo sempre infortuni la situazione diventa pesante. Venire qui è stato un azzardo, perché la partecipazione non mi serviva a niente. Speravo però che la magia e l’aria di Tokyo potessero darmi un pizzico di fortuna, ma non ha funzionato». Qui l’analisi diventa ancora più intima, segno di una riflessione maturata col tempo: «Ci sono una marea di cose che possono essere messe insieme. In passato non mi sono mai arreso e tirato indietro, ho ricominciato con altri obiettivi. Adesso devo riflettere». Il primo pensiero sull’abbandono è balenato a giugno: «Dopo che mi ero rifatto male ho capito che l’annata non sarebbe stata positiva. In un contesto così elevato non mi va di far vedere soltanto il mio nome». Se non può lasciare il segno, meglio sgombrare la mente e quindi per il 2026, più che puntare al terzo titolo continentale consecutivo, Jacobs preferisce allargare gli orizzonti e respirare aria nuova: «Non ho più energia e voglia di pensare ventiquattr’ore a questo mondo, ho idea di aprire un po’ di attività negli Stati Uniti, mentre ne ho già avviate alcune in Italia». La Florida sarà ancora al centro del progetto («I bambini si trovano bene, hanno iniziato la scuola, la base rimarrà lì, ma sarò più spesso in Italia») e la decisione finale sarà tutta sua: «I miei figli mi vorrebbero a casa, mia moglie vorrebbe che continuassi, il pensiero dello staff non inciderà». Quattro anni più tardi l’uomo dei sogni non ha il più sorriso stampato sulle labbra: «Nel 2021 è stata la giornata più bella della mia vita, alla quale sono seguite tante gioie, ma non posso rivivere sempre quel giorno». E il suo stato d’animo impatterà anche sulla staffetta 4×100: «Magari lascerò spazio ai più giovani, così che loro possano fare esperienza». Da Tokyo a Tokyo, punto iniziale e finale. Alfa e omega in una città che rimarrà nel destino di Gimbo e Marcell, per il premio e per la pena. Il contrappasso dantesco a sigillare la caduta degli dei.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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