L’annuncio del ministro Antonio Tajani secondo cui Forza Italia sarebbe pronta a presentare una nuova proposta di legge sulla cittadinanza ha agitato le acque in Parlamento. Lo ius scholae o «ius Italiae» – così il nome con cui è depositato il testo – prevede il diritto di cittadinanza per tutti gli stranieri nati in Italia o arrivati nel nostro Paese entro i 5 anni d’età, a condizione che abbiano frequentato e concluso i 10 anni della scuola dell’obbligo. «Con profitto», questo il vincolo ulteriore stabilito dagli azzurri: «non basta essere stati iscritti a scuola», precisa Tajani.
Varie le reazioni in Parlamento, ma il testo non sarà discusso a breve. Priorità, per il momento, è la riforma della giustizia. Ma la proposta di FI riporta al centro del dibattito politico il problema del diritto di cittadinanza, temporaneamente accantonato con il fallimento del referendum di giugno, che prevedeva come quinto quesito il dimezzamento da 10 a 5 anni del periodo di residenza in Italia necessario per richiedere la cittadinanza.
Ius Scholae, mossa di FI sulla cittadinanza: opposizioni pronte al sì. Lega e FdI: «Noi contrari»
La legge sulla cittadinanza oggi
L’attuale diritto di cittadinanza in Italia è regolato da una legge del 1992 che la concede prevalentemente secondo il principio dello ius sanguinis (diritto di sangue): cioè, la cittadinanza si trasmette per discendenza a tutti i figli nati da almeno un genitore italiano. Fino a poco tempo fa questa trasmissione era automatica e poteva andare avanti per generazioni; ad esempio, era concessa anche a pro-pronipoti di emigrati italiani in Sudamerica. Il decreto legge 36/2025 ha cambiato significativamente questa normativa, che sino a quel momento era stata una delle più «generose» al mondo.
Convertito in legge a maggio di quest’anno, il DL targato governo Meloni stabilisce la cittadinanza ai soli discendenti entro la seconda generazione. Ciò significa che gli unici nati all’estero che possono beneficiare della cittadinanza alla nascita sono coloro che hanno almeno un genitore o un nonno italiano – ovvero, nato in Italia – interrompendo la trasmissione generazionale dai bisnonni in poi: una forma ristretta di ius sanguinis.
Vi sono poi altre forme di acquisizione meno frequenti; come per matrimonio o naturalizzazione. In quest’ultimo caso il cittadino di origine straniera può richiedere la cittadinanza italiana dopo 10 anni di residenza regolare ininterrotta in Italia.
Negli ultimi anni in Parlamento sono state presentate diverse proposte di legge per ampliare il diritto alla cittadinanza secondo principi come lo ius soli (cittadinanza acquisita automaticamente se si nasce in Italia) e lo ius scholae: come nella proposta di FI, questo introdurrebbe la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana a conclusione di un percorso di studi.
L’iter legislativo
Forza Italia non è la sola ad avere depositato una proposta di legge per una riforma della cittadinanza: l’avevano già fatto M5S e Pd, ma senza le forze per passare lo sbarramento della maggioranza alle Camere. Per diventare legge, la proposta di FI dovrebbe innanzitutto essere calendarizzata, su proposta dei gruppi parlamentari, alla Conferenza dei Capigruppo per la discussione in Aula.
La posizione delle forze in campo
Le opposizioni hanno accolto favorevolmente la proposta e chiesto che FI calendarizzi subito il testo così da poter iniziare a lavorare sui contenuti. +Europa, Psi, Pd, M5S e Avs si sono detti disposti a discutere in Parlamento nel merito, con l’obiettivo di migliorare la situazione vigente «allargando i diritti a chi vive, studia e lavora in Italia senza esserne cittadino», dicono Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni.
Per i dem, la proposta di Forza Italia è «molto parziale e lontana dalla nostra», come rimarca il referente Immigrazione Pierfrancesco Majorino; ma «siamo aperti al confronto con tutti». Il testo depositato dal Partito Democratico prevede infatti una forma temperata di ius soli e la cittadinanza per ius scholae a chi abbia frequentato 5 anni di sistema scolastico nazionale, la metà di quanto proposto da FI.
«Riconoscere il diritto alla cittadinanza a chi cresce e si forma nelle nostre scuole è un segno di civiltà e inclusione che non possiamo più rimandare», ha detto il senatore dem Graziano Delrio. «Il Parlamento ha il dovere di garantire un dibattito approfondito che porti a una soluzione condivisa, capace di rispondere alle attese di questi giovani e di tutta la società italiana».
Giuseppe Conte ha detto: «la questione è così importante che potremmo pure rinunciare a un po’ di ferie per ritrovarci qui e farlo subito». Per il Movimento 5 Stelle lo ius scholae è «la nostra battaglia da anni e anni.
Noi non aspettiamo altro».
Un no secco arriva, invece, da Lega e Fratelli d’Italia. «La proposta di Tajani sullo ius scholae non è inserita nel programma di governo né in quello della maggioranza» sostiene l’europarlamentare leghista Susanna Ceccardi «e non è mai stata discussa durante la campagna elettorale». Il Carroccio è ancora contrariato dalla recente modifica alla legge sulla cittadinanza, che ha dato una stretta «ai discendenti dei nostri bisnonni emigrati all’estero, di cultura cattolica». Mentre lo ius scholae che «regalerebbe la cittadinanza a giovani immigrati che spesso sono islamici», sostiene il deputato leghista Dimitri Coin.
Fratelli d’Italia non si sbilancia: «La legge sulla cittadinanza per noi va bene così e, visto l’esito del referendum, va bene così anche per i cittadini» ha commentato laconica la responsabile immigrazione Sara Kelany.
Azione «sosterrà convintamente una legge sullo ius scholae se Forza Italia la porterà al voto», fa sapere Carlo Calenda; e anche da Italia Viva si dicono disponibili a collaborare. Per Maurizio Lupi di Noi Moderati, invece, la proposta rischia di «rompere l’unità della coalizione» e non rispetta «la maggioranza di Centrodestra che gli italiani hanno scelto».
Una proposta concreta?
Con un Parlamento oberato e la riforma della giustizia da approvare, il confronto sulla cittadinanza è quindi rimandato a data da destinarsi. Ma tra le opposizioni c’è chi insinua il dubbio che FI non abbia davvero l’intenzione di mettere a calendario il provvedimento, considerato anche che la questione era già stata sollevata da Tajani nell’agosto dell’anno scorso, senza risultati. «Il punto è: si fa sul serio? Più che ius scholae, al momento mi sembra uno ‘ius solae’, una sòla» ha detto il segretario di +Europa, Riccardo Magi.
Resta da chiedersi, qualora la discussione fosse effettivamente calendarizzata, se FI e l’opposizione riuscirebbero a giungere a un accordo e a superare lo sbarramento della maggioranza. Tajani non è intenzionato a trattare «neanche lo sconto di un mese sui dieci anni» richiesti, e ci tiene a far sapere che la riforma è più restrittiva, «molto più seria» rispetto all’attuale diritto di cittadinanza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leave feedback about this