28.09.2025
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Politics

Israele ha passato il limite. Su Gaza incontro segreto con Blair


La preoccupazione per gli attacchi israeliani alla Flotilla, con il niet degli attivisti alla nuova proposta di mediazione del governo italiano. E l’assillo che la guerra in Ucraina possa degenerare, precipitarci in un conflitto mondiale, con i continui sconfinamenti nei cieli Nato – gli ultimi in Alaska – e l’avvertimento di Mosca: «Se abbattete un nostro aereo sarà guerra». Giorgia Meloni atterra in Italia da New York attorno a mezzogiorno, raggiunge subito Palazzo Chigi dove incontra anche il ministro della Difesa Guido Crosetto per fare il punto su Flotilla. Il bilancio post Onu è tutto sommato positivo, con Trump che, al netto dell’intervento sopra le righe – tra gobbo malfunzionante e scale mobili in panne – ha teso la mano a Zelensky e incontrato i Paesi Arabi strappando la promessa che non lascerà Netanyahu annettere la Cisgiordania.

I TIMORI

Due buone notizie, non sufficienti a rasserenare il clima. Perché la consapevolezza è quella di «una terza guerra mondiale, ma combattuta a pezzi». Parole che la presidente del Consiglio prende in prestito da Papa Bergoglio (due sole citazioni, l’altra è per San Francesco) nel suo discorso all’Onu, pronunciato nella notte italiana, con messaggi rivolti al mondo in ascolto al Palazzo di Vetro ma soprattutto all’Italia, considerando l’affondo sui giudici, una stilettata che Meloni non risparmia alle toghe nemmeno da New York. E le parole di condanna, probabilmente le più forti mai pronunciate, dirette a Israele, negli occhi le immagini dei manifestanti che riempiono le piazze e le notizie degli studenti che, da Nord a Sud, occupano le scuole, chiedendo pace e un futuro per Gaza. Nel suo intervento all’Unga – 16 minuti, per lei il più lungo – punta il dito contro la Russia che «ha deliberatamente calpestato l’articolo 2 dello Statuto dell’Onu» e «ancora oggi non si mostra disponibile ad accogliere seriamente alcun invito a sedersi al tavolo della pace». Tra le conseguenze, aver restituito l’immagine di Nazioni Unite «ancor più disunite», mentre gli «effetti destabilizzanti» dell’aggressione a Kiev hanno infettato altri territori, scatenando un effetto domino dirompente. Dunque la crisi in Medio Oriente, con il progrom del 7 ottobre che ha «spinto Israele ad una reazione, in principio, legittima. Perché ogni Stato e ogni popolo ha il diritto di difendersi. Ma la reazione a una aggressione deve sempre rispettare il principio di proporzionalità». E Israele, condanna la premier, «ha superato quel limite», infrangendo «le norme umanitarie, causando una strage tra i civili». Meloni però fissa anche paletti chiari, ricordando con forza le responsabilità di Hamas. Ma ora «Israele deve uscire dalla trappola di questa guerra», e non ha «il diritto di impedire che domani nasca uno Stato palestinese, né di costruire nuovi insediamenti in Cisgiordania al fine di impedirlo». La premier si sofferma anche sulle regole del gioco, perché se ci si interroga sull’Onu e sulla capacità di centrare la sua missione – fermare le guerre – allora la risposta che dobbiamo darci è «impietosa». Serve una «riforma non ideologica, ma pragmatica, realista», che renda il Palazzo di Vetro «anche una Casa di Vetro».

IL FRONTE INTERNO

Dunque si toglie un sassolino dalla scarpa, parlando di migranti e di un cambio di passo necessario rispetto a norme «non più attuali» e che (affondo inatteso, per il contesto internazionale in cui lo serve) «quando vengono interpretate in modo ideologico e unidirezionale da magistrature politicizzate, finiscono per calpestare il diritto, invece di affermarlo». Meloni richiama la «sacrosanta prerogativa di ogni Nazione di proteggere i propri cittadini e i propri confini», e invita Ue e Nazioni Unite — con uno spartito simile a quello di Trump — a «non voltarsi dall’altra parte» per «tutelare i criminali nel nome di presunti diritti civili». Critica anche le politiche green, che «stanno portando alla deindustrializzazione molto prima che alla decarbonizzazione», in nome di un «ecologismo insostenibile». Quasi una mini roadmap per l’anno e mezzo di legislatura che le rimane ma anche parole urticanti per la sinistra, con cui continua a salire il livello di scontro. Meloni, forse non a caso, dichiara di aver parlato più volte con l’ex premier laburista Tony Blair, a lavoro su un piano per il “day after” a Gaza, con l’avallo di Trump. I contatti tra i due sarebbero frequenti, e non solo telefonici: due settimane fa l’ex inquilino di Downing Street è volato a Roma dalla premier, ricevuto, a riflettori spenti, a Palazzo Chigi.

 


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