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Irpef, seconda aliquota al 33%. Benefici fino a 627 euro l’anno per i contribuenti


L’obiettivo politico è chiaro: tagliare le tasse al ceto medio. Il percorso per centrarlo passa per un sentiero stretto: quello delle risorse. Per abbassare la seconda aliquota Irpef, quella attualmente fissata al 35 per cento per i redditi da 28 a 50 mila euro, e portarla al 33 per cento, servono due miliardi e mezzo di euro.

Se poi, come suggeriscono i Commercialisti, si volesse anche far salire lo scaglione dagli attuali 50 mila a 60 mila euro di reddito, il costo complessivo dell’operazione salirebbe a circa 5 miliardi. Da dove possono arrivare queste risorse? Innanzitutto dalla stessa riforma fiscale del governo.

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Irpef, taglio da 2,5 miliardi

L’impianto prevede che ogni euro ricavato dall’attuazione della delega, confluisca in un fondo ad hoc da utilizzare per il taglio delle tasse. Quanti soldi ci sono in questo contenitore? Al netto di quelli già usati per la riduzione da quattro a tre delle aliquote fiscali, ci dovrebbero essere all’incirca altri quattro miliardi. Un miliardo e seicento milioni incassato lo scorso anno con l’adesione di 500 mila Partite Iva al concordato biennale, un altro miliardo e trecentomila circa, con il ravvedimento speciale, la sanatoria quinquennale per le stesse Partite Iva e un miliardo e duecento milioni arrivati grazie al maxi assegno della gara per l’assegnazione della concessione del Lotto.

Insomma, le risorse per tagliare per un anno, un anno e mezzo la seconda aliquota, ci sarebbero pure. Ma c’è da fare i conti con le altre esigenze dei conti pubblici.A partire dall’impegno più rilevante, quello della difesa. A fine giugno il vertice Nato deciderà molto probabilmente di portare il contributo alla spesa per armamenti al 3,5 per cento in 7 o 10 anni. E attualmente l’Italia spende il 2 per cento. Vuol dire che ci sono da trovare 33 miliardi da spalmere su un orizzonte pluriennale. L’impatto sui conti pubblici dovrebbe essere di circa 4-4,5 miliardi l’anno. È pure vero che, grazie alla prudenza del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, la spesa sta marciando ad un passo più lento di quello concordato con Bruxelles. Per ora, nei conti pubblici, ci sarebbe uno spazio di 0,2 punti di Pil, vale a dire, appunto, quattro miliardi. Bisognerà però capire se la spesa proseguirà su questo trend.

Il passaggio

In attesa che si definisca la partita delle risorse, sul tavolo del governo sono già planate una serie di simulazioni e stime sull’impatto che potrebbe avere per i contribuenti della classe media un abbassamento dell’aliquota del secondo scaglione dal 35 al 33 per cento. Per un lavoratore con una retribuzione lorda di 40 mila euro, e con un reddito imponibile di poco superiore a 36 mila euro, il risparmio fiscale sarebbe di 627 euro l’anno. A 43 mila euro di retribuzione scenderebbe a 340 euro, per poi risalire a 348 euro in corrispondenza di una retribuzione di 50 mila euro lordi e stabilizzarsi a 440 euro, sempre all’anno, a partire dai 60 mila euro di retribuzione in su.

Nel suo intervento, il presidente dei Commercialisti, Elbano De Nuccio, ha ricordato come, dalle dichiarazioni fiscali del 2024, sia emerso che a dichiarare oltre i 300 mila euro sono soltanto poco più di 42 mila dipendenti, lo 0,15 per cento del totale, che tuttavia da soli coprono il 7 per cento di tutta l’Irpef incassata. Sulla classe media, quella che dichiara redditi compresi tra i 40 e i 120 mila euro lordi annui, invece, pesa più del 36 per cento di tutta la tassazione sul reddito incassata dallo Stato, nonostante in questa fascia ci sia soltanto l’11 per cento dei contribuenti. Quello italiano è insomma, diventato un sistema di prelievo iper progressivo, dove in pochi pagano molto.

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