La gip di Milano Patrizia Nobile, come richiesto dalla Procura nei mesi scorsi, ha sollevato davanti alla Consulta la questione di «legittimità costituzionale» del decreto del Governo Meloni del 2024, convertito in legge, che ha ribadito la qualificazione di ente di diritto privato della Fondazione Milano-Cortina, tema centrale in un’inchiesta milanese con al centro affidamenti diretti pilotati, tra 2020 e 2021, in cambio di ipotizzate tangenti per i servizi digitali. Per i pm, infatti, la Fondazione è organismo di diritto pubblico, non privato, e quel decreto ha di fatto bloccato le indagini della Procura.
La giudice ha sospeso, al momento, il giudizio sui sette indagati del procedimento, perché prima la Corte Costituzionale dovrà esprimersi sul decreto del governo, valutando la legittimità costituzionale. Secondo la giudice, in particolare, una norma del decreto viola ed è contraria a una direttiva dell’Ue del 2024.
La gip Nobile nei mesi scorsi aveva deciso di respingere, al momento, la richiesta di archiviazione per i sette indagati, tra cui l’ex ad della Fondazione Milano Cortina, Vincenzo Novari, nell’inchiesta sui presunti affidamenti diretti pilotati in cambio di ipotizzate tangenti. E aveva fatto discutere in udienza tutte le parti proprio sul tema centrale per i pm, che avevano chiesto alla gip di sollevare davanti alla Consulta la questione di illegittimità costituzionale del decreto di un anno fa, convertito in legge, che ha ribadito la qualificazione di ente di diritto privato della Fondazione.
Per la Procura diretta da Marcello Viola, infatti, quella «norma interpretativa», definendo come società privata un organismo che, secondo gli inquirenti, è di diritto pubblico, ha stoppato l’inchiesta dell’aggiunta Tiziana Siciliano e dei pm Cajani e Gobbis, condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf. Per i pm, infatti, come era emerso dalla richiesta di archiviazione che aveva al centro principalmente l’istanza di invio degli atti alla Consulta, da parte del governo Meloni c’è stata una «indebita ingerenza» con «ripercussioni dirette sull’attività investigativa». E così, dopo che erano venute a galla con le perquisizioni di maggio 2024 (il decreto è di giugno), le indagini su presunte irregolarità nella gestione delle Olimpiadi e su ipotesi di appalti truccati in cambio di mazzette sono state di fatto «bloccate». Turbativa e corruzione erano i reati contestati. Per questo, avevano scritto i pm, se la gip non riterrà di far sciogliere alla Corte costituzionale quel nodo giuridico di cui si parla da tempo, potrà pure procedere con l’archiviazione per i 7 indagati «perché il fatto non è previsto dalla legge come reato». Oggi, invece, il deposito dell’ordinanza con la decisione della gip di invio degli atti alla Consulta.
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