17.05.2025
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Politics

Imane Khelif e le sorelle Mussolini, ecco perché la loro difesa della pugile algerina non impressiona. «La donna non si ritira»


Le Mussolini, Alessandra e Rachele, sono le uniche a destra che difendono Imane Khelif, la pugile algerina finita nella bufera per il caso Carini. Fa impressione che proprio loro, le discendenti del Duce, si schierino molto a sinistra della destra? No, non impressiona perché entrambe rappresentano non da oggi un modo di stare a destra in maniera libertaria. vale per loro ciò che vale per Marina Berlusconi e la primogenita del Cavaliere: «Nella difesa dei diritti civili sono più vicina alla destra che alla sinistra».

La difesa

A Alessandra e a Rachele Mussolini, la prima di Forza Italia, la seconda di FdI, non è piaciuta la mostrificazione pubblica Imene Khelif. E a distanza di qualche giorno dall’incontro di pugilato femminile tra lei e Angela Carini, valido per gli ottavi di finale del torneo olimpico, è arrivato il post di Alessandra Mussolini, che dal suo profilo X attacca Carini, prendendo le difese di Khelif. «La donna non piange e si ritira, ma combatte e vince», ha scritto l’ex deputata ed europarlamentare forzista. E ancora: «Sai quante donne in tante circostanze di pericolo vorrebbero essere come l’atleta algerina, me compresa».

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Poi, sale sul ring Rachele Mussolini, nipote del Duce e figlia di Romano, e dice di aver «capito che si può essere donna anche con un cromosoma X e Y. Che non è la produzione di testosterone a definire la predominanza sessuale. Né spesso dà vantaggi agli atleti. Khelif è nata donna. Ed è stata sconfitta da altre donne in carriera. Questo vuol dire che non è imbattibile». Mussolini aggiunge che «l’esasperazione con cui la comunità Lgbtq+ promuove la sua causa, che io difendo, può generare delle crisi di rigetto. Se vuoi parlare di inclusione lo puoi fare in tanti modi, senza dover per forza suscitare clamore come è accaduto con la rappresentazione dell’Ultima cena, che ho trovato un po’ trash, fuori luogo in un contesto sportivo». Sostiene anche che «FdI non è una caserma, siamo liberi di esprimere opinioni dissonanti. Dentro ci sono tanti gay, anche se sono meno esibizionisti». La famiglia Mussolini diventa insomma, nonostante il cognome, un simbolo di libertà di pensiero. O meglio fa la fronda in un partito che, sul caso Imane-Carini, è tutto allineato alla difesa dell’italiana.

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