Ci stiamo abituando anche al riscaldamento globale, che sembra diventato meno importante di altre nuove emergenze. La conferenza Cop30 cominciata ieri a Belém, nella foresta amazzonica del Brasile, dovrebbe rilanciare gli accordi di Parigi del 2015, ma ha poche probabilità di riuscirci. Il secondo Paese al mondo per emissioni di anidride carbonica, gli Stati Uniti, non partecipa. Il primo, la Cina, ha mandato una delegazione che prenderà impegni per la neutralità carbonica nel 2060, ma confermerà che le sue emissioni continueranno a salire fino al 2030. Non partecipa nemmeno l’India, altro grande inquinatore. Il suo governo sostiene che la crescita del Paese richiede molto altro carbone e vuole che i paesi ricchi che hanno inquinato finora diano i soldi promessi ai poveri nelle Cop precedenti.
Il presidente brasiliano Inácio Lula da Silva, nell’intervento a una conferenza preparatoria a Belém, ha annunciato che «il tempo dei discorsi accademici e delle buone intenzioni è finito» e che bisogna agire per salvare il mondo.
LE VERIFICHE
A Parigi si era deciso che ogni Paese garantisse un contributo nazionale determinato per fermare il riscaldamento globale, con verifiche periodiche. Al primo controllo si è scoperto che gli impegni presi dai singoli Stati avrebbero fatto crescere la temperatura di 3° centigradi, ben oltre l’obiettivo di 1,5°. La seconda verifica è andata solo un po’ meglio, con un aumento di 2,8°. La terza, in Brasile, dovrebbe riportare tutti sulla retta via ma nessuno sembra averne molta voglia.
Il «Production Gap Report» del 2025 ha certificato che i piani nazionali di molti Paesi superano del 120% gli obiettivi di riduzione previsti. Secondo le proiezioni per il 2030, l’estrazione di carbone aumenterà del 500%, del petrolio del 31% e del gas del 92%.
La Cop28 di Dubai aveva annunciato una «transizione lontano dai combustibili fossili» che è rimasta una vaga promessa. I Paesi produttori di petrolio vogliono continuare a venderlo, e anche la Cop28 a Baku, in Azerbaigian (altro produttore), non aveva combinato molto salvo destinare ai Paesi più poveri 1,3 trilioni di dollari dei Paesi ricchi. Si è detto sì a una prima tranche di 300 miliardi, per il resto si vedrà.
Anche Lula chiede soldi per la foresta pluviale amazzonica: 25 miliardi di dollari come anticipo per un fondo da 125 miliardi. Ma il Brasile è contrario a contenere le emissioni di metano, perché ha grandi allevamenti di bestiame e campi coltivati enormi. È puro al nono posto tra i produttori di petrolio: anche Lula fa bellissimi discorsi e mostra tante buone intenzioni.
Ognuno, prima di salvare il mondo, pensa al proprio orto. Don ald Trump non ama gli accordi multilaterali che mettono gli Usa sullo stesso piano di Paesi minori. Ha revocato gli incentivi di Biden sulle rinnovabili, scava nuovi pozzi di petrolio e riapre le miniere di carbone. L’intelligenza artificiale divora molta energia e bisogna dargliela, se non si vuole restare indietro. La Cina è da subito diventata leader mondiale per l’installazione di rinnovabili e quest’anno ha registrato una crescita record degli impianti solari. Farà un piccolo sforzo, ma vuole in cambio vendere agli altri Paesi i prodotti che non hanno bisogno di combustibili fossili, auto comprese.
LA SVOLTA DI GRETA
Neppure l’Europa sta rispettando gli impegni e, come al solito, è divisa. Ungheria e Slovacchia dicono che «non è il momento geopolitico ideale per queste cose», Germania, Francia e Polonia chiedono prudenza e anche il ministro dell’Ambiente italiano, Gilberto Pichetto Fratin, ha sottolineato che «la grave crisi internazionale che stiamo vivendo ci impone realismo e concretezza».
Persino Greta Thunberg sembra pensare che sia più urgente occuparsi dei palestinesi di Gaza che delle sue vecchie battaglie, e Bill Gates non parla più di ambiente come faceva una volta. Ma l’Onu avverte che se si continua di questo passo entro il 2035 avremo ridotto del 10% i gas serra, una quota ben lontana dal 60% che servirebbe per contenere l’aumento della temperatura a 1,5°.
Alla Cop30 partecipando solo 30 capi di governo, ma ci sono ben 50.000 delegati alloggiati su enormi navi da crociera, tutte molto inquinanti. Nel discorso inaugurale, Lula ha detto che bisogna sconfiggere «gli oscurantisti ei negazionisti». Ma il punto non è più quello: per ridurre le temperature occorrerebbe fermare per un po’ il mondo, e sembra nessuno oggi in grado di farlo.
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