Ivan Juric osserva in allenamento gente come Dybala, come Soulé, oppure come Pellegrini e Koné, gente che nei piedi ha (potenzialmente) l’oro. E sorride. Nella sua carriera, per una serie di motivi, l’ex tecnico del Torino ha quasi mai avuto a che fare con gente così, ha gestito spesso e volentieri calciatori diversi, mediamente di livello più basso. Questa avventura romana, non ce ne vorrà, è l’occasione della vita. La rosa che ha a disposizione, questo è evidente, non è la sua, i calciatori con cui da due giorni convive a Trigoria, non sono stati scelti da lui (e parte nemmeno da De Rossi), li ha trovati, li sta conoscendo, sta proponendo il calcio che vuole fare e che, come noto, si fonderà su principi diversi da quelli di De Rossi e prima ancora di Mourinho. Si passa da un calcio palleggiato, con la ormai immancabile costruzione dal basso, a un gioco aggressivo, di movimento, di corsa, scatti continui, aggressivo in ogni zona del campo. Pressing e rinconquista, tutto spostato in avanti: tipo Atalanta, del resto è il figlio di Gasperini e da sempre propone quel gioco lì. La domanda è: ci sono i calciatori giusti per il suo tipo di calcio? Sì, per buona parte, ma come per De Rossi, qualche ruolo è meno coperto rispetto ad altri. Daniele non voleva prescindere dagli esterni alti, Juric ne può fare a meno. E poi c’è la questione Dybala, che nel 4-3-3 non poteva starci, mentre nel 3-4-2-1 di Juric sì, al di là delle famose 14 presenze da 45’ di cui Paulo ha bisogno per vedersi rinnovare il contratto, con stipendio da super top player. Roba già nota. Juric ama giocare con un attaccante di peso e Dovbyk ha quelle caratteristiche, prendendo il Toro i suoi bomber erano Zapata, Pellegri e Sanabria. Dietro all’attaccante, ha sempre puntato su uomini di qualità, Ricci ad esempio, che ora in Nazionale fa il regista, con lui giocava sulla trequarti. Ruolo in cui possono infilarsi i vari Pellegrini, (o Zalewski se reintegrato), El Shaarawy, Soulé, Baldanzi e, appunto, Dybala stesso. E resta ad oggi impensabile che Juric si privi inizialmente della Joya. Del regista in senso stretto del termine, a volte sa farne a meno, spostando la qualità qualche metro più avanti. Nel Torino i due di centrocampo spesso erano Tameze e Linetty, oppure Ilic, qui può scegliere un passista tra Cristante e Paredes più una mezz’ala che va dentro, Koné, oppure due di gamba, come il francese (che sembra al momento uno dei primi a cui dare una maglia da titolare), Pisilli stesso, uomo rivelazione di questo scorcio derossiano di stagione, oppure, quando sarà, Le Fée, attualmente in infermeria.
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MARCATURE
Per fare l’uomo contro uomo a tutto campo, ci vuole gente di corsa, più che palleggiatori, e questa caratteristica manca un po’ sugli esterni, dove, in assenza di Saelemaekers, il tecnico croato potrà contare su Angeliño, ElSha, Dahl, e Zalewski a sinistra, Celik, Abdulhamid, Sangarè e, come visto anche con De Rossi, El Shaarawy. Nel Verona e nel Toro aveva Faraoni e Bellanova, tanto per fare due esempi, e quel tipo di corsa negli attuali esterni non c’è. E’ chiaro che Juric insisterà sulle sue idee, ma è altrettanto evidente che su qualcosa dovrà cedere.
L’ALTERNATIVA
I tre di difesa sono quasi un dogma, raramente ha schierato i quattro dietro, lo scorso anno è accaduto un paio di volte. La variante è il 3-5-2, con una punta di movimento affiancata al centravanti d’area. Si gioca tanto sui cross, sugli inserimenti e dal basso basta uno che sappia impostare, di solito è il centrale. La Roma sotto questo aspetto è coperta: ha calciatori bravi nei duelli, Mancini, Ndicka, e quelli abili nella prima costruzione, Hummels, Hermoso e lo stesso Ndicka. Più, all’occorrenza, Angeliño, che può essere il suo Rodriguez, che nasceva terzino e ora fa il centrale di sinistra. Lo staff è definito: Barbero si occuperà della preparazione atletica, Ostojic è uno dei primi collaboratori tecnici e Paro il vice. Poi, è stato inserito il dottor Ventura, che si occuperà dell’alimentazione dei calciatori.
Alessandro Angeloni
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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