Un «passo indietro». L’Ursula bis non piace al Pd. Che giudica la nuova commissione di von der Leyen un «arretramento» sul fronte dei diritti, della transizione ecologica e delle politiche per il lavoro (capitolo sul quale i socialisti europei avevano sperato nella riconferma del loro “spitzenkandidat”, il lussemburghese Nicolas Schmit). E anche la nomina di Raffaele Fitto fatica a scaldare i cuori, al Nazareno. Non si esprime la segretaria dem. Passata da «aspettiamo di conoscere le deleghe» prima di dare un giudizio a «aspettiamo di ascoltarlo in audizione», di fronte alle commissioni chiamata a passare ai raggi X il profilo del ministro degli Affari Ue all’inizio di novembre. Di fatto, ciò che chiedono i dem al futuro titolare della Coesione europea è una professione di europeismo. E di «autonomia» da Meloni: «Dovrà dimostrare essere in linea con il mandato di von der Leyen, ossia un rafforzamento dell’Europa. «Finora il suo partito, i Conservatori, sono andati in direzione opposta». E soprattutto dovrà dar prova, per dirla con il capo delegazione dem a Bruxelles Nicola Zingaretti, di «liberarsi dalla retorica anti europeista del governo che lo ha indicato».
FORCHE CAUDINE
Insomma: molto, per i dem, dipenderà dalle forche caudine dell’esame in commissione. E non potrebbe che essere così, visti i forti dubbi lanciati sull’apertura di von der Leyen alla destra di Ecr da Socialisti e Verdi europei. Fin qui la posizione ufficiale. Che di certo non prevede elogi a Meloni per la vicepresidenza esecutiva incassata da Roma. Anzi: «Fitto è entrato papa ed èè uscito cardinale», punge ad esempio Dario Nardella, alludendo alle deleghe meno pesanti di quelle portate a casa cinque anni fa da Paolo Gentiloni (che però mancò la conquista del posto da vice). Poi, però, ecco le sfumature. Che fanno capire come di fatto – salvo pochi scettici tra i fedelissimi di Elly Schlein – gli euroeletti del Pd non remeranno contro al ministro pugliese. L’idea che va per la maggiore, nel gruppo brussellese, è che Fitto non si farà cogliere impreparato. Niente scivoloni, insomma: né sull’inglese tecnico – che ha passato l’estate a studiare – né sulla fede europeista. A quel punto, il veto dei Socialisti Ue potrebbe cadere (del resto S&D, pur raccogliendo l’idea dei Verdi di un possibile rimpasto in extremis, ha ammorbidito chiarendo che «saremo responsabili»). Lo stesso a quel punto potrebbero fare le resistenze nel Pd. Tanto più che la delegazione dem dovrà esprimersi sulla commissione nel suo complesso (e lì il sì è scontato): la valutazione sul nome di Fitto, invece, spetterà ai soli componenti delle commissioni interessate dalle sue deleghe. Il che aiuta a tenere una linea distaccata. E se Avs e M5S accolgono la nomina nel gelo, tra i dem non manca chi getta il cuore oltre l’ostacolo. Come Antonio Decaro: «Fitto – apre l’ex sindaco di Bari – è un esponente qualificato e capace di dialogo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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