Commenti e retroscena del panorama politico
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Il referendum non guarisce dal mal di quorum. Anche questa volta la soglia dei 26 milioni (circa) di votanti resta un miraggio. Per la Costituzione il quesito abrogativo deve ottenere il voto del 50% più uno degli aventi diritto (in Italia circa 51 milioni di persone) per essere valido. In assoluto su 72 quesiti abrogativi (quello su lavoro e cittadinanza era il 73/esimo) il quorum è stato raggiunto 39 volte, per 33 volte no. La soglia è stata sempre raggiunta dal ’74 (divorzio) fino al ’95 (privatizzazione Rai, il più famoso tra i quesiti). Con una sola eccezione nel ’90 (caccia). Dal ’97 (carriere dei magistrati, tra i referendum di allora) al 2022 (Csm) il mal di quorum si è diffuso stabilmente e nessun referendum abrogativo ha avuto validità. Con una sola eccezione: il referendum del 2011 sull’acqua pubblica che ebbe una affluenza del 54,8%. Quello del 2022 resta anche nella storia come il referendum con meno affluenza in assoluto, 20%. A seguire, in questa speciale al classifica al contrario, quello del 2009 (premio di maggioranza) con il 23,3% e quelli del 2003 (art 18) e del 2005 (Gpa) con il 25,5. In attesa dei dati definitivi del voto su lavoro e cittadinanza.
I precedenti
Questi dati evidenziano una crescente disaffezione degli elettori verso lo strumento referendario, spesso dovuta a una scarsa informazione o a campagne poco incisive.
Il dibattito sulla necessità di riformare il quorum per rendere più efficaci i referendum è quindi sempre più attuale.
— 2022, Referendum Giustizia (5 quesiti): affluenza 20,9% (Non valido)
— 2009, Referendum Legge elettorale (3 quesiti): affluenza 23,3% (Non valido)
— 2005, Referendum Fecondazione assistita (4 quesiti): affluenza 25,5% (Non valido)
— 2003, Referendum Art. 18 e servitù elettrodotti (2 quesiti): affluenza 26,0% (Non valido)
— 2016, Referendum Trivellazioni in mare: affluenza 31,2% (Non valido)
— 1990, Referendum Caccia e pesticidi (3 quesiti): affluenza 43,0% (Non valido)
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