Hanno sfondato il finestrino dell’auto dove si erano appartati con una bottiglia. Poi, prima di derubarli, hanno trascinato la ragazza fuori dalla macchina e uno di loro ha abusato di lei, mentre almeno altri due tenevano fermo il fidanzato, che ha dovuto assistere alla violenza. È successo alla fine di ottobre a Roma, di notte, nel parco di Tor Tre Teste, lo stesso dove, in agosto, era stata stuprata una sessantenne. Vittime della brutalità di un gruppo di stranieri, di origine marocchina, un giovane e una giovane di circa vent’anni. Nei giorni scorsi tre presunti componenti del branco sono stati fermati con le accuse di violenza sessuale di gruppo e rapina. Due di loro erano a Roma e sono stati rintracciati. Il terzo era riuscito a scappare a Verona ed è stato preso sabato scorso. Ma le indagini della Squadra mobile e della Procura di Roma non sono finite: il sospetto è che della banda facciano parte anche altre persone.
I fatti
È il 25 ottobre quando i due fidanzati, dopo una serata trascorsa fuori, decidono di trascorrere un po’ di tempo da soli prima di tornare a casa. Raggiungono in macchina il parco di Tor Tre Teste, periferia est della Capitale. Parcheggiano in un angolo appartato e iniziano a scambiarsi delle effusioni. All’improvviso la loro auto viene circondata. È notte fonda, fuori è buio. Gli aggressori sfondano il finestrino con una bottiglia, aprono la portiera, vogliono derubare i due ventenni. «No il cellulare non lo prendere!», grida la ragazza quando vede uno degli uomini afferrare il suo telefono appoggiato sul cruscotto. Poi, l’incubo. Uno dei malviventi trascina la ragazza fuori dall’auto, mentre i complici tengono fermo il fidanzato. Inizia a violentarla. Lei grida, chiede aiuto, si dispera. Ma lì intorno non c’è nessuno: solo la coppia in balìa del branco. Dopo la violenza i due vengono anche derubati. Sconvolti vanno a chiedere aiuto e sporgono denuncia. A indagare sul caso è la Squadra mobile. Poco tempo dopo due aggressori vengono fermati a Roma. Il terzo viene individuato qualche giorno fa a Verona. Anche a suo carico viene disposto il fermo. Tutti e tre sono di origine marocchina e hanno dei precedenti.
Le impronte
A incastrare uno degli stranieri sono le impronte digitali: le sue tracce sono state trovate nell’auto delle vittime. Per quanto riguarda gli altri due, invece, per il momento non sono state trovate corrispondenze di Dna e impronte. Uno di loro è stato riconosciuto fotograficamente dalla vittima. Gli investigatori stanno continuando a indagare perché all’appello potrebbero mancare altri aggressori. Le vittime hanno parlato di almeno tre componenti del branco, visti in faccia, ma entrambi i giovani ritengono che potrebbero esserci altri complici: intorno a loro era troppo buio e lo choc ha contribuito a rendere i contorni meno nitidi.
Una vicenda che solleva di nuovo il problema della sicurezza nell’area, più volte denunciato dai residenti. Non è infatti il primo evento violento che avviene nel parco di Tor Tre Teste. Per trovare un precedente non bisogna nemmeno andare troppo indietro nel tempo: basta tornare alla scorsa estate. Sempre lì, in agosto, c’era stata un’altra violenza sessuale. La vittima era una donna di 60 anni, aggredita mentre entrava dall’accesso di via degli Olmi una domenica all’alba. Era stata scaraventata a terra da un uomo che, dopo averle strappato di mano il telefono, aveva abusato di lei. Un incubo durato almeno dieci minuti. Subito dopo si era allontanato a piedi e aveva raggiunto la stazione Termini. La donna era riuscita a tornare a casa e, aiutata dai vicini, aveva chiamato i soccorsi. Al pronto soccorso del policlinico Casilino, oltre ai chiari segni della violenza, i medici avevano visto che aveva anche due costole rotte. Due giorni dopo, l’aggressore aveva violentato un’altra donna che stava aspettando l’autobus nei pressi di via Prenestina. Erano le 4 di mattina del 26 agosto. L’uomo, un muratore gambiano, l’aveva avvicinata chiedendole se avesse una sigaretta da offrirgli, poi l’aveva trascinata in un vicolo e aveva abusato di lei su un cumulo di rifiuti. Ora si trova nel carcere di Regina Coeli.
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