dal nostro inviato a Lucerna
Si ferma e sorride di gusto, Kyriakos Mitsotakis. «Fidatevi di me, l’accordo andrà in porto». Chissà se il premier greco è venuto fin qui, sulle Alpi svizzere, per fare esercizio di diplomazia. Ne serve tanta per trovare una via d’uscita dalla guerra in Ucraina, la «strada per la pace» a cui è dedicato il summit al Bürgenstock, nel resort di lusso dove Volodymyr Zelensky ha radunato i grandi del mondo.
Ne servirà altrettanta questa sera, quandoMitsotakis, abbandonato il vertice della pace, siederà al tavolo delle trattative per scegliere i prossimi vertici dell’Unione europea uscita dal voto. «Sono molto fiducioso», spiega al Messaggero il primo ministro greco affacciato sulla terrazza che dà sul Lago dei Quattro cantoni, lo sguardo perso su un panorama mozzafiato. E di cosa? «Che riusciremo a eleggere Ursula von der Leyen, un’altra volta, presidente della Commissione europea», replica serafico Mitsotakis.«Anzi, fidatevi, sono sicuro che si troverà l’intesa su di lei». E Ursula-bis sia, dice spavaldo il capo del governo di Atene che fra poche ore, a Bruxelles, avrà addosso i riflettori. Già, perché al Consiglio europeo informale a cui è attesissima anche la premier italiana Giorgia Meloni, non siederà su una poltrona qualsiasi. Al tavolo dei negoziati che promettono di protrarsi fino a notte fonda, lui, arriva con i galloni di negoziatore ufficiale del Partito popolare europeo, di cui è una primissima fila. Un onere non da poco, che dividerà con un altro peso massimo dei popolari. Al suo fianco avrà Donald Tusk, il premier polacco che ha già guidato il partito, poi il Consiglio europeo e di recente è tornato in patria per sbaragliare alle urne la destra del Pis e prendere in mano le redini del governo.
Non c’è da stupirsi, se la scena sarà loro, dei “dealers” del più grande partito europeo, uscito meno in forma dalle urne rispetto al passato ma comunque con il diritto di prelazione sulle scelte dei “top-jobs” alla Commissione europea. Chi mai potrebbe scegliere, Mitsotakis, se non lei, von der Leyen, con cui è prodigo di abbracci e gesti affettuosi tra i padiglioni del Bürgenstock? «Ma certo, andremo su di lei, la maggioranza finora ha funzionato bene e Ursula se lo è meritato», mette a verbale a scanso di equivoci. A questo punto la domanda è d’obbligo. Chi voterà l’Ursula bis? Coinvolgerete nella nuova maggioranza anche i Conservatori di Giorgia Meloni? Mitsotakis rallenta il passo. «Giorgia, dice? È tutto off-the-records giusto?». Sa che è un punto spinosissimo. E tuttavia non si sottrae. «Abbiamo già una maggioranza per decidere i top-jobs questa sera. Ed è una maggioranza che al momento non coinvolge i Conservatori europei. Ci atterremo a questa». Se non è una porta sbattuta, ci assomiglia. Mitsotakis non prova neanche a girarci intorno. È un pacchetto “chiuso”, quello che atterrà sul tavolo del Consiglio europeo. Von der Leyen alla Commissione, al Parlamento la popolare Roberta Metsola, un’altra volta. Al Consiglio europeo, l’ex premier portoghese Antonio Costa, volto di punta dei socialisti. Insomma, la maggioranza che si apparecchia è il bis di quella uscita da cinque anni al potere e questo irrita non poco, alla vigilia dei negoziati, la destra conservatrice uscita rafforzata dal voto di giugno e decisa a pesarsi al tavolo. Pensare che fra i popolari Mitsotakis è considerato uno dei più dialoganti con quel mondo. Anche con Meloni i rapporti sono buoni, complice il filo direttissimo tra il greco e Antonio Tajani.
Il fronte pro-Ursula, qui a Lucerna, si ritrova e ricompatta. Fa passare il messaggio che la stabilità — cioè la continuità — è la migliore ricetta per un’Europa che vuole tenere testa a Putin e i suoi ricatti, senza andare in frantumi. «Sosterremo l’Ucraina con tutte le nostre forze — fa professione di fede il premier greco — la pace non può e non potrà mai essere una capitolazione». Zero cedimenti ai diktat dello zar, ripete in plenaria Mitsotakis, allontanatosi dal belvedere svizzero. E non dà mostra di voler cedere neanche stasera a Bruxelles.
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