L’economia dell’Eurozona (e dell’Ue a 27) è cresciuta dello 0,2% nel secondo trimestre dell’anno, in lieve ribasso rispetto alle stime preliminari di agosto, che prevedevano un +0,3% in linea con il valore registrato tra gennaio e marzo. Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, invece il Pil è aumentato dello 0,6% nell’area euro (dallo 0,5% tendenziale del primo trimestre). Eurostat, l’agenzia statistica dell’Unione, ha comunicato ieri i dati del periodo aprile-giugno, che vedono la spesa pubblica governativa e l’export tenere a galla il Pil delle 20 economie della zona euro, mentre faticano a decollare i consumi privati, nonostante il parallelo sgonfiamento dell’inflazione; un assist alla Banca centrale europea, che giovedì si appresta — pur con qualche sparuta resistenza tra i falchi — ad annunciare un secondo taglio dei tassi d’interesse dello 0,25% dopo l’iniziale sforbiciata di giugno, con cui aveva inaugurato un cauto allentamento della sua stretta monetaria.
IL DATO NAZIONALE
In linea con la media dell’Eurozona l’Italia, che ha messo a segno un +0,2% del Pil tra aprile e giugno al pari della Francia, mentre sul podio delle migliori performance finiscono Polonia (+1,5%), Grecia (+1,1%) e Paesi Bassi (+1%), seguiti dalla Spagna con +0,8%. I cali più significativi, invece, sono stati osservati in Irlanda (-1%), Lettonia (-0,9%) e Austria (-0,4%). Ma a impensierire più di tutti è la locomotiva inceppata d’Europa, cioè la Germania: anche la principale economia del Vecchio continente ha chiuso il secondo trimestre in territorio negativo, con uno -0,1% congiunturale, che fa seguito alla blanda (0,2%) crescita di inizio anno, quando Berlino sembrava aver scongiurato i timori di una protratta stagnazione.
IL CASO TEDESCO
Eurostat, ieri, ha confermato la stima flash di agosto dell’ufficio federale statista tedesco Destatis, che aveva già fotografato un rallentamento dell’economia tedesca dovuto a calo della domanda interna, crollo degli investimenti e export in affanno. Adesso la Germania potrebbe avviarsi verso una recessione tecnica, la situazione in cui il Pil si mantiene in rosso per due trimestri consecutivi, complice un crollo nella produzione industriale in avvio del terzo trimestre, influenzato dalle forti difficoltà dell’auto e dal comparto metalmeccanico in generale — che peserà sulle stime del periodo luglio-settembre attese in autunno -. Una circostanza che «preoccupa» per l’impatto sull’economia del nostro Paese, come ha ricordato ancora due giorni fa il presidente di Confindustria Emanuele Orsini. E questo perché, ha commentato a margine del Forum Ambrosetti in corso a Cernobbio l’ex numero uno di viale dell’Astronomia Emma Marcegaglia, presidente e ad di Marcegaglia Holding, «le imprese italiane sono fornitori o clienti dell’industria tedesca. Una Germania bloccata è un problema enorme, speriamo che la situazione migliori e che l’Europa faccia scelte diverse per la competitività di tutti i Paesi», dal «debito comune per investire di più a una «decarbonizzazione meno ideologica e più pragmatica». Eurostat ha anche diffuso i dati sul numero di occupati nel secondo trimestre dell’anno, in crescita dello 0,2% nell’Eurozona (a 170,1 milioni di persone) e dello 0,1% nei 27 Paesi dell’Ue (a 218,6 milioni), dopo lo 0,3% registrato in entrambe le zone tra gennaio e marzo. Sopra la media l’Italia, che ha fatto segnare un aumento dello 0,4%.
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