Il jeans perfetto? È quello vintage. Mentre fioriscono le collezioni Upcycled (vedi alla voce Miu Miu, che ha recentemente lanciato la quinta edizione, interamente dedicata al denim), sui siti e nei negozi second hand continua spasmodica la ricerca del Modello della Vita, quello che solo pochi fortunati trovano e che — sempre più spesso — appartiene a un altro decennio.
I modelli vintage più richiesti
Lo dice (anche) il report 2023 di Vinted sui marchi più richiesti: in pole position c’è l’iconico Levis 501, probabilmente il modello più conosciuto al mondo, che proprio quest’anno festeggia il cinquantesimo anniversario. Per molti ha il sapore dell’adolescenza, per altri quello inconfondibile del mood anni Novanta. Tutti lo vogliono, tutti lo cercano.
Ce lo conferma Sophia Lippi, che gestisce il negozio Fatmama vintage a Lucca, aperto appena prima che il Covid diventasse pandemia e che gode di buona popolarità sui social. «Quello che mi viene chiesto di più è il 501 — spiega — il più celebre, anche se ci sono delle differenze tra i 501 vintage e quelli più recenti.
Sono cambiati tutti i processi produttivi per cui più si va indietro nel tempo, più la produzione era lenta. I macchinari erano diversi, c’era anche una differenza nel cotone, che era più robusto». Che il tessuto fosse migliore, insomma, non è una leggenda metropolitana: basta pensare che i modelli vintage erano creati per essere resistenti e durare nei secoli dei secoli, non esattamente come quelli fast fashion che accumuliamo in massa nell’armadio (per poi indossare sempre le stesse tre paia, ma questa è un’altra storia).
Jeans vintage, sostenibilità e prezzi
Ma negli ultimi anni è anche cresciuta l’attenzione alla sostenibilità. «Il pubblico che attenziona il vintage e il second hand è cresciuto e questo ha creato una difficoltà nella ricerca e di conseguenza anche un aumento dei prezzi — spiega Sophia — Quando ho aperto il negozio un Levis 501 costava 30 euro, ora i modelli arrivano anche a 85». Sostanzialmente il prezzo di un jeans nuovo. La difficoltà di reperire il modello giusto dipende anche dalla scarsa disponibilità perché le taglie più piccole, che generalmente vengono acquistate dalle donne, sono state prodotte molto meno. «Prima solo gli uomini portavano il denim — sottolinea — poi, quando negli anni Ottanta è diventato popolare, lo indossavano le ragazzine e non le donne. C’era molta meno richiesta e quindi ne sono stati prodotti meno, mentre ora sono più le donne a cercarli». In soldoni, c’è una falla nel sistema.
Attenzione ai falsi
E il mercato della contraffazione, purtroppo, è una realtà: negli anni Ottanta e Novanta non esisteva regolamentazione e sono stati prodotti falsi in quantità industriali. Una piccola astuzia, oltre a controllare l’etichetta (chiaramente quella dietro la vita in un modello vintage non può essere nuova), può essere controllare il bottone. «Dietro — spiega Sophia Lippi — ci deve essere un codice di tre numeri, a volte due, che viene riportato anche sull’etichetta interna. E poi, bisogna controllare sempre la qualità delle cuciture». Durante il lockdown, Sophia si è inventata delle mini-guide online per la scelta e la valutazione del jeans: oggi Fatmamavintage è meta di pellegrinaggio per chi è alla ricerca del modello perfetto.
Cosa ci sta bene? La scelta (non così difficile)
La maggior parte delle ragazze che vanno a Lucca hanno bisogno di essere seguite e consigliate, ci spiega Sophia. Ma quali sono le «regole» (si fa per dire) per scegliere il modello perfetto?
«Bisogna considerare non solo la forma del corpo, ma il baricentro — spiega la stylist Alessandra Ambrosini — per un baricentro basso, meglio i jeans a vita alta che allungano visivamente la linea delle gambe, chi invece ha già arti allungati può portare anche la vita bassa senza aver paura di accorciare troppo la figura. Ma in generale, la correzione va effettuata solo se davvero non riusciamo ad accettare le nostre caratteristiche, ricercare equilibrio a tutti i costi spesso danneggia la percezione del nostro corpo». Per quanto riguarda i colori, a ognuno il suo: il «lavaggio» del jeans, infatti, può essere analizzato armocromaticamente esattamente come qualsiasi altro capo. In generale, racconta Ambrosini, i lavaggi scuri vengono considerati più austeri perché ricordano il classico blu da ufficio, quelli chiari più casual: ma anche qui, è prima di tutto una questione di gusti.
Le regole
A tutte è successo di provare l’ultimo modello di tendenza accorgendoci che ci sta malissimo. Per non parlare poi del «vanity seizing»: una taglia grande (riportata in bella vista sull’etichetta) può scoraggiare dall’acquisto. E a tale proposito, attenzione al vintage: spesso, essendo le misure più piccole, quella giusta potrebbe non essere quella abituale. «Sulle donne il jeans è un capo che suscita insicurezze e difficoltà — sottolinea Sophia Lippi — Bisogna trovare un compromesso tra quello che cerca il cliente e quello che sta bene addosso».
Un altro trucco è guardare la tasca, che deve essere abbastanza centrata, non troppo bassa e di una dimensione media. Occhio anche alla cucitura posteriore, quella, per intenderci, che passa sopra il Lato B: la forma cambierà in base a quanto è inclinata a V o quanto invece è piatta. L’ultima cosa da considerare per quanto riguarda il denim vintage, poi, è chi lo ha indossato prima di noi. Perché sì, si tratta in fin dei conti di jeans già usati che si sono «sformati» in maniera diversa. Proprio per questo ogni modello è unico. Il consiglio? Provateli, provateli tutti.
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