21.05.2025
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Economy

il gruppo valutato 1,5 miliardi


La procedura per la cessione dell’Ilva entra nella fase calda. A pochi giorni dalla presentazione delle manifestazioni d’interesse, il termine scade il 20 settembre, spunta anche una stima del valore del gruppo siderurgico. «In via di prima e larga approssimazione» — si legge nell’ultima relazione dei commissari dell’acciaieria Giovanni Fiori, Giancarlo Quaranta e Davide Tabarelli — si ritiene «che il valore di cessione dell’azienda» possa attestarsi attorno ad un miliardo e mezzo di euro «inclusivo del valore di cessione del magazzino». I commissari mettono a verbale una cifra che, con ogni probabilità, farà da base di partenza nella gara per aggiudicarsi il polo siderurgico.

In lizza, dopo una serie di sopralluoghi esplorativi effettuati nei vari impianti di Acciaierie d’Italia, ci sono al momento sei potenziali investitori: il gruppo ucraino Metinvest, i due gruppi indiani Vulcan Steel di Jindal e Steel Mont, il canadese Stelco e due soggetti italiani: Marcegaglia e Sideralba. Proprio il gruppo Marcegaglia starebbe sul punto di presentare la propria manifestazione d’interesse.

La vera partita per l’acquisto dell’ex Ilva si giocherà ad ottobre quando le manifestazioni d’interesse si trasformeranno in offerte concrete. Non è escluso che in corso d’opera possano formarsi anche delle cordate tra imprenditori.

Resta da capire se i gruppi interessati punteranno ad acquisire tutto il patrimonio o una parte di esso. Un’evenienza, questa, che i sindacati sono pronti a rispedire ai mittente. Fim, Fiom, Uil, Usb e Ugl metalmeccanici hanno sempre detto no ad un’eventuale ipotesi-spezzatino. Lo stesso segretario nazionale della Uilm, Rocco Palombella, ha puntualizzato in una recente intervista che «la siderurgia a ciclo integrale, come quella dell’ex Ilva, abbia già un equilibrio dal punto di vista produttivo. Ogni stabilimento ha bisogno ed è legato agli altri. Taranto produce acciaio di base e Genova e Novi verticalizzano il prodotto di Taranto, dando valore aggiunto. Vendere a pezzi l’ex Ilva significherebbe rendere vulnerabili tutti i siti perché non sarebbero autosufficienti e ci sarebbe la necessità di acquistare dall’estero acciaio, perdendo così l’economicità».

Ad augurarsi che diversi attori si facciano avanti è stato il ministro alle Imprese e al Made in Italy, Adolfo Urso. «In pochi mesi dal commissariamento – ha fatto presente il ministro – abbiamo elaborato un piano di ripristino e di rilancio produttivo oltre a definire le modalità della gara già avviata».

LA TRAIETTORIA

Più cauto il ministro è stato sulla possibilità che lo Stato partecipi alla nuova gestione di Acciaierie d’Italia ricordando come la passata esperienza all’interno di Mittal (lo Stato era presente con Invitalia che deteneva il 38% delle quote mentre il restante 52% era nella mani di ArcelorMittal) «è stata disastrosa». Per quanto riguarda l’immediato, invece, il ministro Urso ha ricordato che si è «nella fase di apertura di un altro altoforno» e che «si sta garantendo la ripresa produttiva in condizioni di sicurezza assoluta». Proprio il riavvio del secondo altoforno consentirà di ridurre gradualmente gli operai in Cig. Attualmente sono in cassa integrazione circa 4.050 lavoratori (3.500 su Taranto e 450 sugli altri siti).

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