Il debutto di Alessandro Michele alla guida di Valentino, durante la settimana della moda francese con le proposte primavera/estate, è la novità che tutti aspettavano. Eppure ha il sapore di un déjà-vu. Pizzi, fiocchi, piume, balze di chiffon, velette, colli simili a gorgiere, paillette, tantissimi pois, tocchi di déshabillé immaginati addosso a un’ereditiera annoiata nel barocco e stuccato salotto di casa, damaschi, stole di pelliccia, cascate di collane, cappelli a falda larga e mantelline abbinate a gonne con balze sono la summa di tutto quello che si è visto in passato a firma del signor Valentino Garavani, fondatore della maison. Il tutto riproposto in un totale di 120 look per donna e uomo.
LO SPECCHIO
Molti anni in una ventina di minuti di show che presentano una collezione dove l’archivio di un tempo passato incede su una passerella formata da uno specchio frantumato. Quello attraverso cui Alessandro Michele rivede e rivive questa storia con lo sguardo carico e ridondante della sua nota passione per il travestitismo e il trasformismo. All’interno di un salone abbandonato, che lo stesso designer definisce «uno spazio teatrale», dove la mobilia è ricoperta da teli bianchi e da un sottile strato di polvere, i protagonisti dello show incedono con una certa ritrosia, coi loro look massimalisti e iper decorati, che parlano degli anni Settanta (un’epoca da sempre assai congeniale a Michele) della maison romana, di quella via Veneto di un tempo, seconda casa per giovani aristocratiche e attori in cerca di fama, attratti da un orientalismo fantasioso da cartolina e da una vita bohémienne che li facesse sentire ribelli e decadenti.
LA PRIMA VOLTA
«Il primo pomeriggio che sono arrivato a piazza Mignanelli mi è sembrato di entrare non in un ufficio, ma in una casa, in uno spazio intimo — confida Alessandro Michele — e l’ho trascorso interamente nell’archivio, affascinato dalla preziosità e dalle fragilità che conteneva, che sono, poi, simili a quelle della vita, che è un «pavillon des folies». La moda di Valentino è stata vista come frivola, eppure io l’ho sentita come necessaria per contrastare la finitezza brutale della vita e toccando le sue creazioni ho capito che lui amava perdutamente quella leggerezza come parte essenziale del suo stesso essere. Tant’è che vedere molti suoi vestiti è riconoscere tratti della storia stessa del nostro Paese e alcuni di questi abiti non li ho nemmeno toccati riproponendoli in passerella, perché sarebbe stato letteralmente impossibile». Lo stilista conclude dicendo di essersi fatto guidare «dalla pancia e dall’emozione» e di aver scelto «nell’archivio proprio capi che potrebbero essere accusati di far vecchio, ma che sono esattamente ciò che volevo e ciò che mi affascina particolarmente». Ad applaudirlo i suoi fedelissimi di sempre: Jared Leto, Harry Styles, Elton John, Damiano David, Valeria Golino, Emma Marrone, Carla Bruni, Rachel Welz e Paolo Sorrentino.
L’ALTERNATIVA
Di tutt’altro passo, scattante, assertivo e a tratti sensuale, la donna di Hermès, che intaglia la sua silhouette sportiva e tonica nella pelle sottile come il cotone e poi in strati di trasparenze maliziose. Le zip trasformano i pantaloni in maxi gonne al bisogno e i top lasciano intravedere gli addominali con la dovuta noncuranza, mentre bluse, piccole giacche e reti creano strati leggeri. La direttrice creativa della griffe, Nadège Vanhee-Cybulski, ha usato il twill di seta dei famosi carré Hermès per dare vita a capi ariosi come tute corte o abiti camicie. Ai piedi stivali da equitazione, zoccoli e a mano le note borse Birkin strette al corpo e portate in tal modo proprio per mostrarne la maestria artigianale.
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