Il controllo delle Ferrovie dello Stato rimarrà saldamente in mano pubblica. Lo ha assicurato ieri il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, parlando alla Camera sulla possibile privatizzazione del gruppo. «Smentisco qualsiasi ipotesi di svendita per quello che riguarda le Ferrovie», ha scandito il ministro. «Ribadisco che non sono giunte proposte sul mio tavolo, e se arriveranno le prenderò in esame ma il controllo era e rimarrà pubblico», ha aggiunto.
IL DOSSIER
Nei giorni scorsi l’amministratore delegato dell’azienda dei treni, Stefano Donnarumma, al timone dal giugno scorso, aveva detto di essere al lavoro per definire nel giro qualche mese una strategia. «Apro a un’ipotesi di valutazione di una possibile apertura del capitale laddove possa essere vantaggiosa da un punto di vista finanziario per lo sviluppo degli investimenti dell’azienda», aveva sottolineato Donnarumma, per poi aggiungere: «La quotazione è quasi sempre una conseguenza di un eventuale percorso del genere, ma per adesso non direi quotazione, ma valutazione sull’apertura del capitale». «I tempi per definire una strategia sono di pochi mesi — aveva proseguito — e conterei da qui a fine anno di avere le idee chiare». Il manager aveva comunque successivamente precisato che la decisione finale toccherà all’azionista e quindi al governo, sottolineando che «il management in questo caso elabora le strategie che poi valuta l’azionista».
Avanza invece intanto la vendita di un’altra quota di Poste Italiane. Il Consiglio dei ministri, su proposta del titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti, ha approvato definitivamente l’altro ieri il decreto che regolamenta la cessione di una quota della partecipazione detenuta dal Tesoro in Poste Italiane (attualmente pari al 65% compresa quella che fa capo alla Cassa depositi e prestiti). La vendita sul mercato di un’altra fetta del gruppo dei recapiti sarà portata a termine in modo da mantenere comunque il controllo pubblico su almeno il 50% del capitale (e non solo sul 35% come deciso inizialmente dal governo). Se sul mercato finirà come probabile il 15% circa della società, lo Stato ai prezzi attuali di Borsa potrebbe incassare quasi 2,5 miliardi di euro.
L’OBIETTIVO
Contrari alla vendita restano comunque i sindacati. «Il rischio concreto è di fare semplicemente cassa, fuori da un progetto industriale serio del Paese che indichi settori strategici e investimenti», ha affermato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. Anche la Uil si è detta nettamente contraria a «ogni processo di ulteriore privatizzazione di Poste italiane» giudicando il decreto appena approvato per la vendita «sbagliato e pericoloso.
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