Roma città aperta. Nel senso politico-cinematografico dell’espressione. Quale capitale del mondo, oggi più che mai, può segnalarsi come luogo d’incontro tra le tradizioni politiche, come l’habitat migliore per costruire una condivisione nazionale che rafforza il nostro Paese? In questa prospettiva, i film possono fare molto.
Giorgia Meloni in Cina insieme alla figlia
L’evento
L’inaugurazione della festa del Cinema, all’Auditorium, il 16 ottobre, e non sembri lontano infatti fervono i lavori in corso, sarebbe potuta avvenire con la presentazione di un kolossal americano o con una commedia italiana di buon livello e di probabile ben riuscita commerciale. Si è optato invece per un film politico: «Berlinguer. La grande ambizione», diretto da Andrea Segre, protagonista Elio Germano. Quale migliore occasione, per l’Italia odierna, che aprire la Festa del cinema della capitale sottolineando, attraverso la vicenda di un personaggio storico ormai riconosciuto da tutti nel suo valore di grande italiano, la necessità di avvicinare le culture politiche novecentesche e post-novecentesche, di farle parlare tra di loro e di far fare così un salto in avanti al Paese e solo con la coesione si vince? Questo tipo di sensibilità ha spinto Meloni a onorare la memoria del leader comunista visitando la mostra organizzata all’ex Mattatoio da Ugo Sposetti e questo ha suggerito a La Russa di tracciare l’elogio del carissimo avversario in una conferenza di partito di FdI a Pescara con guest star Bianca Berlinguer (e la platea con in prima fila i ministri Sangiuliano, Urso e Fitto fa la standing ovation appena viene nominato il segretario del Pci), e ora si chiude un cerchio considerando quanto Berlinguer e Almirante si parlassero per fermare gli estremismi rosso e nero al tempo del terrorismo — si incontravano in maniera ultra-riservata il venerdì pomeriggio nel vuoto di Montecitorio in una stanzetta all’ultimo piano del palazzo e ne parla tra gli altri in un recente bel libro Antonio Padellaro: «Il gesto di Almirante e Berlinguer») e poi il celeberrimo omaggio del leader Msi al feretro del capo comunista. Berlinguer oggi è il riferimento giusto in quanto figura sempre meno divisiva, patriottica (ha sempre preferito Roma a Mosca) e nazional-popolare e anche trasversale dal punto di vista delle generazioni. Non interessa solo chi ha vissuto il XX secolo, ma anche i giovani. Basti pensare che è il politico del passato più conosciuto presso gli under 18.
C’è da giurare che le istituzioni di sinistra e di destra non vedano l’ora di partecipare all’inaugurazione della festa il 16 ottobre. Fonti di Fratelli d’Italia dicono che la stessa Meloni, invitata personalmente dal sindaco Gualtieri alla cerimonia d’apertura con il film su Berlinguer, stia seriamente pensando di non poter perdere un evento del genere nella sua città, naturalmente se i suoi impegni di governo le consentiranno di essere presente.
IL MESSAGGIO
L’operazione Berlinguer ha come autore un presidente molto “politico”, nel senso di larga sensibilità istituzionale, di esperienza personale e di approccio mai divisivo alle questioni di pubblico interesse, qual è Salvo Nastasi che Gualtieri ha voluto alla guida della Festa del cinema. E lo ha voluto perché potesse rendere questo evento spettacolare un’occasione, “politica” appunto, capace di raccontare l’identità della capitale d’Italia in una fase in cui Roma è sempre più al centro di tutto. La Festa del cinema come messaggio alla nazione e dunque, in quest’ottica aperta e inclusiva, come grande festa popolare. Questo l’approccio di Nastasi. Nelle stanze di preparazione della Festa raccontano che Nastasi, quando ha deciso di puntare su questo lungometraggio, spiegava agli scettici che l’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo dove le divisioni politiche nazionali hanno sempre portato ricchezza, creatività e volontà di cambiare le cose. Così è stato nella fese Berlinguer-Moro del compromesso storico e si badi bene: allora tra i due statisti le distanze politiche erano ben più profonde di quelle che possono esserci oggi tra Meloni e Schlein.
Ha dunque un significato profondamente patriottico l’opzione Berlinguer. Ma ha anche quello di sottolineare, i film su cui si punta servono appunto a dichiararsi almeno in questo caso, che l’Italia può incarnare al momento un modello di politica virtuosa. Dove non esistono le fatture tremende, quasi da guerra civile, che dilaniano per esempio gli Stati Uniti. La radicalizzazione ideologica che esisteva terribilmente al tempo di Berlusconi sembra — ed è merito dei protagonisti del momento — gravare sempre meno sul nostro paesaggio. E Berlinguer, come viene rappresentato nel film di Segre, è un politico che ha massimamente il senso della misura, è distante da ogni avventurismo e capace di attaccamento roccioso ai destini del proprio Paese (naturalmente senza allontanarsi dal proprio ruolo di segretario del partito di opposizione che aveva ancora l’aggettivo comunista nella propria sigla). Ma comunista a modo suo Berlinguer. Basti pensare allo sconcerto e perfino all’odio che traspariva dagli occhi dei papaveri del regime sovietico quando il capo di Botteghe Oscure a Mosca andò coraggiosamente a dire che il Pci era tutt’altra cosa dal Pcus. Diceva di più Berlinguer e diceva questo, ai limiti dell’eresia: «Noi vogliamo una società socialista che corrisponda alle condizioni del nostro Paese, e che rispetti tutte le libertà sancite dalla Costituzione».
LA RASSEGNA
Elio Germano sarà certamente capace di rendere Berlinguer su quello schermo quel che era e quel che oggi può rappresentare. Quanto alla rassegna concepita da Natasi, il dato di contemporaneità che contiene sta nel voler illustrare — almeno nel film d’apertura che è comunque un manifesto programmatico — le radici della buona politica, che travalicano le epoche e non invecchiano mai, e nel cogliere ed esaltare il magic moment che viviamo: quello in cui ci siamo liberati dalle prigioni dell’ideologia e grazie a questo si può parlare di tutto tra tutti. Con quel senso di curiosità che appassiona soprattutto i giovani ma non solo loro. E allora, puntare su Berlinguer non significa affatto fare una festa del cinema di sinistra, ma condurre un’operazione culturale che rompe, ricostruisce, contamina e diverte. In un’ottica popolare di qualità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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