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il canto, l’appartamento, l’abito e le auto


Sant’Agostino diceva che chi canta prega due volte, e insegnava ai suoi che in fondo è come grande un atto d’amore e che facendolo si prega con la musica, con il cuore e con la voce. Il Sermo 336 del Doctor Gratiae il nuovo Papa lo deve avere tenuto bene in mente perché anche ieri a mezzogiorno non ha esitato a cantare al microfono la preghiera del Regina Caeli dalla Loggia delle Benedizioni. E non si è limitato a salmodiarne l’incipit, ma ha continuato a modulare il brano piuttosto intonato e nemmeno troppo incerto, seguito dalla voce di 100 mila persone, una fiumana che riempiva san Pietro e quasi tutta via della Conciliazione. Rispetto alla sua prima comparsa dalla Loggia centrale della basilica, il giorno dell’elezione nella Sistina dove era apparso frastornato e commosso, Leone XIV ieri si è mostrato più sicuro e calato nel ruolo, quasi a suo agio.

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IL MINISTERO

Come si svilupperà il suo ministero («il giogo», lo aveva chiamato) si vedrà nei mesi a venire, dai primi provvedimenti, dalle encicliche che farà, intanto dalle prime mosse il suo stile sta venendo già fuori. Fatta salva l’eredità morale dei predecessori, recandosi in preghiera davanti alla tomba di Francesco e a quella di Ratzinger ieri mattina, oltre ai rimandi a Giovanni Paolo II, Papa Prevost si sta presentando come una sorta di terza via, un mix, un combinato disposto senza abbandonare la pastoralità e la vicinanza con la gente e mantenendo al centro di tutto la teologia, la centralità di Cristo, il rigore liturgico e canonico.

Aver vissuto per decenni in missione con tante comunità, l’attitudine al contatto umano sembra essere un tratto comune a Francesco, e lo si è visto bene durante la visita blitz che ha fatto a Genazzano quando è stato avvicinato da un focoso romanista entusiasta per avere un Papa tifoso della Roma. Prevost si è messo a ridere e non si è scomposto, anzi sembrava divertito. Un po’ come avrebbe fatto anche Bergoglio, sempre pronto alla battuta e alla risata. Tuttavia su altri particolari che potrebbero sembrare dettagli trascurabili si comincia già a delineare un proprio indirizzo. Per esempio l’aver scelto di dormire provvisoriamente nel suo appartamento, nel palazzo di Propaganda Fide, in attesa che venga terminata la ristrutturazione dell’appartamento pontificio, disabitato da 12 anni. Prevost tornerà a viverci riprendendo così una lunga tradizione che si era interrotta con Bergoglio, perché da lui giudicato troppo grande e fastoso (anche se non è per niente lussuoso). Come Bergoglio, indossa delle scarpe nere (evidentemente più comode che non i mocassini di cuoio rosso), tuttavia Prevost ha dato disposizioni precise su come vuole essere abbigliato. Sotto la talare bianca ha fatto la comparsa la camicia con i gemelli ai polsini, ha accettato di apparire in pubblico dopo l’elezione con la mozzetta rossa, la stola ricamata d’oro, la cotta di pizzo. Insomma niente a che vedere con il ricordo di Papa Bergoglio che rifiutò quei paramenti solenni dicendo ad uno sbigottito cerimoniere, mentre si trovava ancora nella stanza delle Lacrime per la vestizione: «Questi se li può anche tenere. Il carnevale è finito».

LE RELIQUIE

Papa Leone ieri mattina non aveva più il suo crocefisso d’oro con le reliquie di Sant’Agostino incorporate. Un dono a lui tanto caro di un confratello. Al suo posto aveva un crocefisso d’argento, certamente più anonimo e sobrio. Il cambiamento è stato meditato e introdotto soprattutto per non suscitare possibili reazioni dagli altri ordini religiosi. Troppo evidente il legame con gli Agostiniani. La figura del Papa, infatti, deve essere equanime, un padre per tutti, senza fare differenze, senza bandiere, senza oggetti che possano rimandare al proprio ordine religioso. Una questione di par condicio ecclesiastica. Infine la vettura usata. La prima auto sulla quale si è visto il Papa appena eletto è stata una berlina della Volkswagen del parco auto pontificio, naturalmente targata SCV1, mentre a Genazzano è arrivato su un pulmino nero dai vetri oscurati, scelto per poter viaggiare assieme ad alcuni amici e parenti arrivati per festeggiarlo.

Dai primi passaggi si intuisce che il nuovo pontificato sarà una miscela garbata di elementi vecchi e nuovi, un occhio alla tradizione e un altro all’orizzonte futuro, sotto l’ombrello di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco che poi sono i tre pontefici con i quali Robert Prevost ha avuto a che fare direttamente nel corso della sua vita religiosa, e ai quali si è ispirato in questi giorni. Persino nella meditazione rivolta alle centomila persone che erano in piazza san Pietro ieri. «Mai più la guerra». Una traccia, questa, che porta stavolta a Paolo VI.

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