21.05.2025
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Sports

il 3-5-2 ha dato serenità al gruppo e rimotivato il blocco Inter


Luciano Spalletti ha tolto; Luciano Spalletti ha dato. E il successo contro la Francia, è farina del suo sacco. Ci sono voluti due mesi di riflessione, un’estate tormentata, poche vacanze e solo lavoro. Nel bel mezzo, il rischio di essere pure rigettato. Ma poi si è accesa la luce, come spesso gli è capitato, è stato così anche quando allenava la Roma. All’ennesima difficoltà, all’ultimo appello, quello da dentro o fuori, il colpo di genio: Totti punta centrale, Perrotti trequartista, via le teste calde. Ed è nata la sua Roma con il 4-2-3-1, modello per se stesso e per le altre squadre da lì in avanti. Stavolta, non ha dovuto fare un passo in avanti, non ha dovuto mostrarsi tecnico visionario, ha solo cercato di fare un passo indietro, ascoltando il vento del campionato e provando a dare un senso ai calciatori che ha, che non sono diventati fenomeni in una sera, ma hanno solo trovato uno spartito più semplice da suonare. Il 3-5-1-1, poi 3-5-2 non è altro che il sistema di gioco che va di moda in Italia, dove quasi tutte le squadre praticano la difesa a tre.

IL CAMPIONATO E GLI INTERISMI

Ascoltare il vento, appunto, serve a trovare il modo per ripararti in tempo. Questo è il sistema di gioco dell’Inter, la squadra dominatrice del campionato e assai presente in Nazionale. Bastoni, Dimarco e Frattesi sono i migliori rappresentati di questo calcio, che sembra vecchio ma sa essere moderno. A proposito: l’Italia ha vinto a Parigi non con il catenaccio, il possesso palla tra le due squadre era più o meno alla pari (51-49), ma con il palleggio, con le posizioni coperte con logica e con il dinamismo, la corsa. Non abbiamo visto una squadra ferma nell’attesa di rubare il pallone e ripartire, ma aggressiva alla riconquista del territorio avversario. Il contropiede sì, ma corto, venti metri, fraseggiando, uscendo sempre con la palla tra i piedi a mai con il lancio lungo. L’Italia ha mostrato di saper stare bene in campo, con gli uomini giusti al posto giusto, con un Tonali (ahi quanto è mancato nell’ultimo anno!) dominante, capace di fare il Gattuso (quello che ha recuperato più palloni) e il Pirlo (sublime l’assist di tacco per Dimarco). Con Ricci che studia da Jorginho e si interscambia con Calafiori, che imposta come un regista. L’Italia ora è giovane, ha un futuro, non è fatta di campioni, ma di top furutibili. Sta al tempo controllarne la crescita e al campo agevolarla: il Mondiale del 2006 è dietro l’angolo, non va lisciato. Spalletti ha rinunciato ai vecchi, che non avevano più margini di miglioramento e ha abbassato la media a 24,8 anni. Ventisei o 27, l’età giusta per un mondiale.

NORMALITÀ

Solo Di Lorenzo supera i 30, ma al momento Lucio si fida ancora del suo capitano napoletano, ma l’errore di Parigi su Barcola (e non è stato quello l’unico della partita) è stato grossolano e forse, nel breve, è necessaria una riflessione in vista del futuro, che non è solo Nations League, cominciata alla grande. Spalletti si è preso una rivincita, ma non sul mondo avverso, ma su se stesso: ha capito che certi suoi comportamenti (parola che a lui garba tanto) erano sbagliati, troppo rigidi, e tatticamente (paradossalmente) troppo illuminati. A volte è utile riportare un po’ di normalità. E non deve essere questo il suo punto di arrivo ma solo una semplice partenza. O meglio: una ripartenza. L’ennesima. Ma forse, si spera per lo meno, quella buona.

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