IL RACCONTO
ROMA Doppio brindisi all’anno che se ne va. Con annessi scongiuri per l’anno che arriva. «Quello trascorso è stato tosto per tutti noi ma non preoccupatevi: il prossimo sarà molto peggio». Giorgia Meloni compare nell’atrio di Palazzo Chigi a mezzogiorno, si fa strada nella folla dei dipendenti radunati per una festicciola natalizia avvolta in un caban color tortora. «Vi consiglio di riposarvi adeguatamente durante queste feste» è il monito che la premier consegna alla “sua” squadra a due giorni dal Natale.
Funzionari e grand commis, poliziotti, uscieri e chef e tutto intorno un banchetto luculliano rigorosamente made in Italy: culatello, coppa, parmigiano reggiano, mozzarelle, panuozzo e taralli, innaffiati da fiumi di bollicine. Si affacciano anche Matteo Salvini e Antonio Tajani, ecco Francesco Lollobrigida a celebrare la cucina italiana patrimonio Unesco. Cin-cin!
IL DISCORSO
«Oltre a ringraziarvi per il vostro lavoro vi voglio bene. Non siete al servizio del governo ma del popolo italiano, come me» dice Meloni dal palchetto prima di tuffarsi in un mare di selfie, «siamo una famiglia, combattiamo tutto l’anno». E l’anno prossimo, avvisa, sarà «anche peggio…». Per la serie: allacciate le cinture. È un avviso che la leader ripete nel pomeriggio partecipando al tradizionale brindisi con la squadra parlamentare di Fratelli d’Italia. «Dobbiamo lavorare sodo, anche perché sarà un anno elettorale» avvisa “Giorgia” i suoi riuniti nella sala della Camera intitolata a Giuseppe Tatarella, nume tutelare della destra al governo.
Meloni smorza la tensione tra una foto e l’altra, si presta alla fila di parlamentari questuanti in cerca di uno scatto con il capo o di una confidenza. Ma intanto prepara i suoi a un 2026 sulle montagne russe. Il referendum sulla giustizia in primavera, il Pnrr che da settembre chiuderà i battenti, sullo sfondo la legge elettorale e la campagna per le Politiche. Crucci e pensieri che si affastellano nella mente della presidente del Consiglio dopo giornate tese nella maggioranza, sfociate in un parto travagliato della Manovra al Senato. «Se mi fermo io per Natale potete riposarvi anche voi per due giorni…» scherza incrociando un drappello di giornalisti a Palazzo Chigi.
Le sue saranno ferie lampo se è vero che già il 29 dicembre, passate le feste di precetto, la attende l’ultimo Consiglio dei ministri. Sul tavolo il decreto per prorogare di un anno l’invio di aiuti all’Ucraina aggredita da Putin, da settimane al centro di un tira e molla tra alleati. Di qui la Lega che chiede di allentare i riferimenti alla componente militare dei “pacchetti” italiani per Volodymyr Zelensky, di qua Fratelli d’Italia e Forza Italia che tengono il punto e si rifiutano di stravolgere il testo del decreto legge.
FAZZOLARI E L’UCRAINA
Dal governo negano tensioni e anzi spiegano che le trattative interne sul “decreto Ucraina” hanno avuto esito felice. «Quel decreto è già stato scritto da tempo» riferisce al Messaggero e ad altri giornali il sottosegretario a Palazzo Chigi Giovanbattista Fazzolari arrivando al Senato per il voto di fiducia sulla Manovra. Insomma l’accordo c’è ed è perfino blindato. E «no, non c’è bisogno» di rimettere mano al decreto, rincara Fazzolari imboccando l’ingresso dell’emiciclo. Dichiarazioni che fanno il paio con quelle di Guido Crosetto dalla Bulgaria, dove ha fatto visita alle truppe. «Non esiste alcuna trattativa, il provvedimento è chiuso da settimane» giura il ministro della Difesa di FdI. «Non c’è mai stato disaccordo, come dice il Vangelo “dai frutti li riconoscerete”. Fonti di primo piano del governo riferiscono in effetti di un’intesa politica raggiunta da Meloni e i vice Tajani e Salvini in un round di contatti telefonici, insieme a Fazzolari e al sottosegretario Mantovano che segue da vicino il dossier. Si vedrà.
Intanto la pausa natalizia. Preceduta dal doppio brindisi romano di “Giorgia”. La premier si affaccia al palazzo dei gruppi dopo le quattro e ad attenderla c’è tutta la squadra di parlamentari della “fiamma”. Inclusa la sorella Arianna che insieme a Giovanni Donzelli guida il partito a capo della segreteria politica, spunta il presidente del Senato Ignazio La Russa. È il momento per un brevissimo discorso di “spogliatoio” della leader. «Complimenti per il vostro lavoro, con voi posso stare tranquilla anche se mi distraggo perché so quanto lavorate seriamente». Seguono le scuse per «il poco tempo» che la fondatrice passa con la squadra di FdI, distratta dalle mille incombenze del suo incarico.
Ripartono i selfie, gli applausi e i cori da stadio. Marco Osnato canzona il capogruppo al Senato Malan e la sua battaglia per l’oro di Bankitalia. «Oh Lucio portaci i lingotti!» . «Perfetto, Osnato non sarà ricandidato» scoppia a ridere Meloni. Dalla finestra affacciata su Montecitorio escono sbuffi di fumo. Nicotina per allentare la tensione di un anno difficile. Il prossimo «lo sarà di più».
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