La Serie A è ancora in rodaggio. Gli attaccanti fanno pochi gol, le difese sono bloccate e la porta è diventata un miraggio. Ci sono stati dei risultati anomali come quello del Milan contro la Cremonese o dell’Inter a San Siro con l’Udinese che solamente in parte giustificano uno dei peggiori dati degli ultimi 26 anni. Non è mai successo, infatti, dalla stagione 1999/00 che in Serie A si segnassero solo 41 reti in due giornate. All’epoca i gol furono 38, ma era una Serie A popolata da fenomeni come Shevchenko, Vieri, Batistuta, Baggio e Totti: attaccanti puri, che vivevano per segnare. Forse, a ben vedere, l’anomalia era proprio in quella stagione e non in questa. Perché c’era da aspettarselo che gli attaccanti di adesso sarebbero risultati i peggiori d’Europa. Lo dicono i dati: in Bundesliga, il campionato più pirotecnico, la media reti a giornata è di 31, in Ligue 1 di 27, in Premier League 26, in Liga 25,6 e nella povera Serie A 20,5. C’è un’astinenza da gol e un proliferare di risultati da corto muso. In 20 partite gli 1-0 sono stati cinque e le partite nelle quali il risultato è stato Under 2,5 (meno di tre gol totali) sono state 17, ben l’85%. Punteggi miseri che rischiano di rendere lo spettacolo meno accattivante, perché il gol, in fin dei conti, è l’essenza del calcio. Quello che sta accadendo in Italia può avere diverse motivazioni, come quella legata ai nuovi attaccanti presenti nel nostro campionato.
RIVOLUZIONE
La Roma ha messo in panchina Dovbyk, arrivato un anno fa, e promosso Ferguson, acquistato in estate dal Brighton. Il Napoli ha perso Lukaku e ha appena consegnato il pacchetto offensivo a Hojlund e Lucca, il Milan ha provato tutta l’estate a sbolognare Gimenez (bellissimo gol in nazionale con il Messico) e Allegri ancora non ha potuto lanciare Nkunku per infortunio. Nella Juve è arrivato David che un gol alla prima lo ha fatto ma poi ci ha dovuto pensare Vlahovic (a quota due reti) che sarebbe dovuto andarsene. L’Atalanta ha puntato su Scamacca, tornato dall’infortunio, dopo aver perso Retegui e sostituito dall’ex Lecce Krstovic. Inter e Lazio davanti non hanno rivoluzionato nulla e caso ha voluto che in una delle due partite disputate, sono riuscite a segnarne più di tre. Qualcosa lì davanti deve cambiare nelle big di A, le squadre con i nuovi centravanti dovranno trovare nuovi equilibri così da rendere il reparto offensivo più prolifico. C’è poi il problema difese, quelle italiane sono blindate. Le piccole pur di strappare un pari si arroccano dietro la loro trequarti e non si espongono a pericoli. Questo comporta un dispendio di tempo e di energie maggiore per le big prima che riescano a scardinare le retroguardie. Il dato singolare riguarda le conclusioni verso la porta: in Italia la media è di 24,3 a partita. Un dato maggiore rispetto a quello della Premier (22,83), di poco inferiore a quello della Bundesliga (25,78) e simile alla Liga (23,97) e Ligue 1 (24,89). Questo significa che le conclusioni ci sono, ma la loro qualità o precisione lascia a desiderare. Forse anche perché in Italia non ci sono più i bomber veri che c’erano un tempo, i club non possono permetterseli a causa dei bilanci in rosso e degli scarsi introiti dai diritti tv rispetto ad altre realtà. I grandi campioni arrivano in Italia solo quando la loro parabola è già in discesa, oppure, vengono giovani quando ancora campioni non sono. E quando sbocciano, nella maggior parte dei casi, vengono venduti all’estero in cambio di milioni che aggiustano i bilanci ma depauperano la Serie A. Se segnare costa, difendere è più economico e allora quello italiano è diventato il campionato dei portieri imbattuti (75% clean sheets ad oggi) e delle difese bunker. Una soluzione meno spettacolare ma altrettanto funzionale. D’altronde, lo scorso anno un’italiana è arrivata in finale di Champions. Ma tutti sanno come è finita.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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