08.09.2025
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«I nostri genitori sono stati severi, quello che è mancato alle generazioni successive. Oggi siamo grati»


C’è una porta che si apre su un tempo lontano, fatto di risate, complicità, giochi e oggetti che rimbalzano tra i muri. Quella porta è il cuore di “Benvenuti a casa Morandi”, lo spettacolo di Marco e Marianna Morandi, Elisabetta Tulli, con la partecipazione di Marcello Sindici per la regia di Pino Quartullo, in scena al Teatro Comunale, a Todi, venerdì 5 settembre. Marco e Marianna hanno accompagnato lo spettatore in un viaggio teatrale, tenero e spensierato, mentre svuotano la casa della loro tata Marta, scomparsa dopo cinquant’anni di servizio e affetto. L’amore della donna, nei confronti di Marco e Marianna, è stato immenso tanto da aver conservato i loro ricordi più forti: un violino, i vestiti, un trenino, i quaderni, un mangianastri, una scatola di lettere e telecomandi. Fratello e sorella giocano con il tempo: tornano indietro nel passato attraverso domande, dubbi, le telefonate dei figli alle prese con i compiti, di mamma Laura (Efrikian, ndr), papà Gianni (Morandi, ndr) e rievocano la vita con la figura della tata che diventa simbolo di memoria e cura. Dopo molto tempo, spronata affettuosamente da suo fratello Marco, sul palco, e nella vita reale, Marianna fa il suo ritorno sul palcoscenico.

Per la prima volta, insieme, sul palcoscenico per raccontare la vostra infanzia

Marianna: «Sì, per la prima volta insieme sul palcoscenico perché Marco ha avuto quest’idea di coinvolgermi di nuovo, dopo tanto tempo, a salire su un palco.

Il pretesto è stato questo evento che c’è capitato davvero nella vita, la perdita della nostra tata storica che ha vissuto con noi per cinquant’anni e che è stata l’alter ego dei nostri genitori: ci ha seguito per tutta la nostra infanzia, cresciuta, e anche fino a pochissimi anni quando se n’è andata. E che ha conservato tutti i nostri oggetti e ricordi. Quando siamo andati a svuotare la sua casa ci siamo trovati davanti pezzi della nostra infanzia. Da lì abbiamo iniziato a raccontare questa storia e naturalmente gli aneddoti che andremo a raccontare sono molto divertenti. Sono aneddoti che magari noi abbiamo vissuto con un certo tipo di sentimento, e oggi, da adulti, riusciamo a rileggere con una sana leggerezza e con un sorriso in più che non fai mai male».

Qual è il vostro ricordo più bello di tata Marta?

Marco: «Io il ricordo che custodisco di più di questa famosa tata Marta, è un ricordo croce e delizia, perché è il tiramisù più buono che io abbia mai assaggiato di Marta. Una volta ho preso la salmonella che è stata un’esperienza drammatica (ride, ndr)».

Marianna: «Certo, perché lei conservava tutto, pure le uova scadute (sorridono, ndr)».

Marco, come ha fatto a convincere Marianna a salire sul palco?

«Mi è venuta qualche tempo fa l’idea di fare qualcosa insieme. La covavo. Erano trent’anni che Marianna non stava sul palcoscenico ed io me la ricordavo una bravissima attrice e ho detto: «Cavolo, potremmo fare qualcosa insieme». E poi piano piano questo germe è maturato e quando è capitata l’occasione, andando a svuotare la casa della tata, ci è venuto in mente di scriverlo e abbiamo coinvolto Elisabetta Tulli che è un’autrice molto brava, e Pino Quartullo è intervenuto anche nella scrittura e diventato il regista dello spettacolo che ha dato una svolta cruciale alla scrittura».

Marianna: «Naturalmente, ci tengo a dire che non era nei miei programmi ritornare a fare l’attrice, ma sicuramente costruire un nuovo ricordo della mia vita insieme a mio fratello era imperdibile. Con lui davvero è un percorso assolutamente divertente e sono felicissima di farlo, probabilmente non l’avrei mai fatto in nessun altro luogo, modo e situazione. Oggi sono molto molto contenta».

Qual è l’aspetto più sorprendente della vostra infanzia che pensate possa colpire di più lo spettatore e magari farlo riflettere sulla propria giovinezza?

Marco: «Credo che vengano fuori sia da parte di mio padre che di mia madre una certa rigorosità nell’educazione e una certa precisione, pignoleria, severità (aggiunge Marianna, ndr). Noi coloriamo un po’ per renderla una commedia più divertente, ma quello che raccontiamo è tutto vero. Anzi, noi con gli occhi di adesso riusciamo a cogliere il lato positivo dell’essere stati rigorosi, anzi riconosciamo anche questo rigore manca alle generazioni successive. E ci sono stati dei genitori forse un po’ troppo amici. Questo poi sarà la storia a dirlo. Ma riconosciamo in quel rigore di un tempo, e che a volte ci pesava, lo vediamo con leggerezza e coscienza».

Marianna: «E anche gratitudine. In realtà la gente non se l’aspetta un tipo di severità e rigore di questo genere. Perché all’apparenza sono due personaggi molto conosciuti, sorridenti, aperti. Magari come genitori non lo sono stati, e oggi diciamo meno male. In fondo siamo venuti fuori benino».


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