ROMA Chiara e Matteo, i “compagnucci della piscinetta” (mamma mia che impressione! Per restare in tema di romanità, ricordando il primo film di Alberto Sordi, e i due ragazzi romanissimi e romanisti sono) adesso sono anche campioni del mondo. Sguazzavano bambini nella vasca di plastica, giocando, e ora che hanno Chiara Pellacani 22 anni e Matteo Santoro 18, non sguazzano più: volano, perché i tuffi sono sport d’aria e d’acqua insieme, devi avere il coraggio di buttarti, se del caso di avvitarti come un cavatappi di essere poi così preciso da sparire in acqua senza fare uno schizzo. E, in più, devi essere, se non sei cinese, un alchimista, perché il loro oro arrugginisca e il tuo argento, se t’è andata bene, scopra in oro. Sembrava, laggiù a Singapore, ai mondiali di tutte le acque, che proprio di tutto questo si avesse bisogno, perché la ricchissima argenteria conquistata dall’Italia, in mare e in vasca, scoprisse in oro come si dice sia destino del cavallo di Marc’Aurelio quando il mondo finirà. Qui s’è scoperto a mezzo mondiale.
«Una medaglia con Chiara: con lei è magica» diceva Matteo; «Io e Matti siamo… non so» diceva Chiara. Fratelli di scelta, da sempre. «Ho un mare dentro, tante emozioni e perfino un po’ di paura», parola del campione; «Senza di lui non sarebbe mai successo», parola di lei.
SORPASSO
È successo che nei sincrotuffi dal trampolino, cioè da 3 metri, i cinesi siamo noi, pure se, come dice il cittì Oscar Bertone, «la giuria ha premiato loro più del dovuto». Era l’ultimo tuffo: a Cheng Ziilong e Li Yaije, che si tuffavano qualche concorrente prima degli italiani, i giudici davano una generosa sfilza da 7,5 a 8,5, per un totale di turno di 72 punti ed un totale generale di 305.70. Chiara e Matteo, che erano in testa all’ultima rotazione, avrebbero, con il loro tuffo in chiusura della serie di cinque, un doppio e mezzo ritornato carpiato, dovevano strappare ai giudici almeno un 66,88 totale: essendo bravi che più bravi non si può, sempre se non si è cinesi, ne ottengono 69.30 e il totale è di 308.13.
Non era finita: c’erano ancora gli australiani, Rousseau e la Keeney, che avevano un tuffo a maggior coefficiente (3.4 anziché 3.0: è un moltiplicatore e dunque incide parecchio). Avessero fatto 80.43 per i pischelli sarebbe stato un altro argento (già ne avevano in cassaforte) ma i due “canguri” facevano “solo” 79.56 e il loro totale si fermava a 307.26, cioè a 87 centesimi di punto alle spalle di Chiara e Matteo che stavano l’una di fronte all’altro. Si guardavano negli occhi, per un attimo increduli, forse, sulle nuvole certamente. Chiara volava tra le braccia di lui, avvinghiandolo con le gambe, Matteo, che è più alto, chinava la testa, qualche sussulto da singhiozzo di felicità, s’intrecciavano i due asciugamani con cui i tuffatori si tolgono gocce d’acqua e litri d’ansia quando sono sul trampolino, che si saranno detti lo sapranno solo loro. Probabilmente niente, perché le parole non servono quando sei la prima coppia italiana a vincere una medaglia d’oro ai mondiali, quando hai appena preso un trionfo che in più di mezzo secolo di storia era stato solo di Klaus Dibiasi, due volte, e di Tania Cagnotto, l’ultima dieci anni fa.
Avevano il tempo di rimettere a posto il turbine d’emozioni prima di dedicarsi alle dediche: «A Matti per primo» diceva la Pellacani e poi «famiglia, allenatori, e Alessio che non c’è più», e Santoro a «famiglia, Alice che mi allena da sempre, a Chiara naturalmente e a Tommaso» che è l’allenatore di lei e del duo. Dicono i coach che la vittoria è venuta con il secondo tuffo obbligatorio, al termine del quale Alice Palmieri sussurrò a Tommaso Marconi della Premiata Tufferia «possiamo fare qualcosa…». Quel qualcosa era una medaglia d’oro.
E adesso? «Adesso mi riposo — fa Chiara – un giorno solo… poi c’è l’individuale, vorrei far bene». E Matteo? «Poi raggiungerò Chiara in America». Ha preso la maturità, ora sarà universitario a Miami, dove lei studia da un paio d’anni e altri due prima in Louisiana: «Spaventato un po’, ma c’è Chiara, sarà come una seconda casa». E non si alleneranno più da remoto che poi, quando si incrociavano, uno sguardo ed era podio. Che faranno provando dal vivo?
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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