22.07.2025
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«Ho avuto un’esperienza extracorporea e ho pianto. La felicità? I nipoti e i cani»


Ha due figlie, cinque nipoti e cinquantanove anni compiuti ieri, Lucrezia Lante Della Rovere. Capelli rossi un po’ così, piena di lentiggini e alta da qui a lì, è sempre bella e non sembra rifatta. L’intervista, causa operaio al lavoro nel salone della sua casa romana, la facciamo nella stanza armadio attrezzata di fronte alla camera da letto: lei si siede su una poltroncina e allunga le gambe su una chaise longue gialla. In giro per casa c’è il suo cane — uno spinone — con la faccia simpatica.
Quanti anni si sente?
«Trenta. Se penso a mia nonna, lei alla mia età ne dimostrava molti di più. Adesso siamo fortunati perché, se non ci dice male con le malattie, possiamo campare quasi fino a cent’anni. Più o meno in forma».
Lei è una di quelle che va spesso dal medico per controllarsi?
«No. Ogni tanto faccio qualche visita, ma niente di ossessivo. Le malattie mi fanno paura, ma sono tranquilla. Affronto tutto».
E quand’è che non lo è?
«Spesso. Sono un’anima inquieta, ma non mi lamento: se non lo fossi non farei l’attrice. L’inquietudine mi tiene giovane e mi spinge a essere curiosa e a fare sempre di più».
Quando nel 2022 ha scritto l’autobiografia «Apnea», è stato faticoso ricordare?
«È stato difficile parlare delle persone che ci sono ancora: ex, figlie, amici… Basta sbagliare una parola e succede il finimondo. Per quelle del passato, invece, è tutto più semplice: un po’ le perdoni, un po’ non ricordi e un po’ addolcisci. Io mi sono raccontata in maniera meno arrabbiata, più autocritica, ma sempre sincera. Nessuna sorpresa, quindi».
L’ultima cosa che l’ha sorpresa, invece, qual è stata?
«L’amore per i cani. Li ho scoperti a 45 anni. Quando ho capito, subito ho pensato: come ho fatto finora a vivere senza di loro?».
L’equivoco più frequente sul suo conto qual è?
«Forse quello dell’antipatia. Sempre più spesso, soprattutto dalle donne, ricevo complimenti che più o meno suonano così: «Ma lo sai che sei simpatica? Non l’avrei mai detto…». A loro arrivava il contrario. Forse perché in pubblico spesso mi astraggo: è una mia forma di difesa che in pubblico adotto da una vita. Da ragazzina ogni volta che uscivo con mia madre, anche solo per comprare il pane, avevamo i paparazzi dietro e i commenti di tutti quelli che incontravamo. È da allora che ho imparato a isolarmi. Un atteggiamento che può essere scambiato per indifferenza, altezzosità, distanza».
Come attrice è stata abbastanza considerata o no?
«Non mi piace lamentarmi e non è ancora tempo di bilanci. Chissà quante altre cose devo fare. Penso a Virna Lisi che ha fatto cose splendide anche a una certa età».
Un po’ è stata vittima di pregiudizi?
«Sì. Facendo parte di una famiglia aristocratica spesso nel mio ambiente hanno pensato che vivessi di rendita. Sbagliatissimo, oltre che ridicolo. Mio padre, il duca, non aveva un soldo. E io ho sempre vissuto con quello che guadagnavo».
Invece il pregiudizio che in automatico esercita più frequentemente qual è?
«Sono molto severa e giudicante, soprattutto verso me stessa, quindi è probabile che d’istinto mi scatti qualcosa contro le maestrine e i saccenti, quelli con la verità in mano».
Lo subisce, almeno un po’, il fascino del potere?
«Per niente. Con i potenti divento subito bambina ribelle: forse perché sono cresciuta con una madre a cui piacevano molto. Bettino Craxi, per esempio, era un suo caro amico: fu suo testimone di nozze quando si sposò con Carlo Ripa di Meana. Io sono più fricchettona, mi piacciono le persone. Punto».
La cosa che le è venuta meglio qual è?
«Di recente comprare un altro cane prima che morisse l’altro, Arturo, e quest’anno dipingere la mia casa tutta di rosa».
La cosa da fare prima dei sessant’anni?
«Mi piacerebbe trovare un nuovo tema per scrivere un altro libro».
Tante sue colleghe attrici hanno debuttato come registe: lei ci ha mai pensato?
«Mai. È così bello farsi dirigere dagli altri. Io negli ultimi anni ho lavorato con il regista Francesco Zecca e fra noi si è creata una grande complicità. Non a caso faremo un quarto spettacolo insieme, Non si fa così, una commedia francese che debutterà il 16 ottobre alla Sala Umberto di Roma».
Lei ha un network di persone più o meno in sintonia con lei o è un cane sciolto?
«Mi sento un cane sciolto. I circoletti e i salotti non fanno per me. Ma va bene così, nessun problema».
Da tempo dice di avere uno spiccato senso del ridicolo: l’ultima volta che l’ha visto violato da qualcuno quando è stato?
«Basta accendere la tv. Tutti pontificano senza mai approfondire seriamente. Autoironia zero. Che pena… A me piace ridere».
Bella, brava, sorridente: la magagna qual è?
«Sono irritabile. Se mi girano, esagero. Divento aggressiva».
Faccia un esempio.
«Qualche anno fa ero al mare con il mio fidanzato quando in spiaggia ho visto un paparazzo sdraiato con un asciugamano per nascondere la macchina con cui stava scattando. Mi alzo, vado da lui e gli dico: «Scusa, ci stai facendo delle foto?». E lui: Io? Ma quando mai? Chi ti conosce…». Poi gli chiedo di farmi vedere cosa aveva sotto l’asciugamano. E lui: «Niente». A quel punto mi incazzo e siccome io stavo in piedi e lui era sdraiato, con il piede gli ho tirato la sabbia in faccia, I’ho scoperto, gli ho preso la macchina e l’ho buttata in mare».
E lui?
«Ha cominciato a inseguirmi, a insultarmi, a dirmi cose tremende. Sono riuscita a scappare. Poi mi ha raggiunta il mio fidanzato che, dormendo, non si era accorto di nulla».
Altro?
«Siccome sono veloce e sintetica, mi succede ogni tanto di maltrattare un po’ chi non sta al passo con me, cosa non tanto carina. Ma so chiedere scusa».

Lei è stata legata per sette anni a Luca Barbareschi: ha detto di averlo lasciato perché a un certo punto voleva diventare padrona della sua vita: si spieghi meglio.
«Lui per me è stata una persona molto importante. Il mio mentore. L’ho amato tantissimo e mi ha insegnato tutto del mio lavoro. A un certo punto, però, ho capito che dovevo andare per la mia strada. Solo che io non riesco a camminare insieme a un’altra persona. L’ho capito passeggiando nei prati con il cane».
Quindi meglio stare da sola?
«Sì, da sola sto bene. Però ho due figlie e cinque nipoti. Che adoro, ovviamente. E ho anche un cane».
È una nonna presente?
«Certo. Non come quelle di una volta, ma ci sono. Sono fiera di avere due figlie che hanno tutti questi bambini. Fra un po’ di giorni andrò a trovarle tutte a Sabaudia dove passeremo qualche giorno di ferie insieme. Poi ad agosto andrò a Pescia Romana dove ho una casa mia».
L’anno prossimo compie 60 anni: pensa mai alla morte?
«Certo. Quel pensiero lì c’è sempre, altrimenti non sarei così vitale».
E come li festeggerà?
«Mi piacerebbe fare una bella festa alla Casina Valadier di Roma. Però temo che costi un sacco di soldi».
Se potesse rivedere sua madre la prima cosa che le chiederebbe qual è?
«Come si sta dall’altra parte? Sono curiosa. Una volta, anni fa, ho avuto un’esperienza extracorporea a un concerto del violinista Uto Ughi. Ero a Roma con Giovanni, il papà delle mie figlie, all’Auditorium in via della Conciliazione. Mi emozionai per la musica e a un certo punto ebbi la sensazione incredibile di uscire dal mio corpo. Mi spaventai tantissimo, «rientrai» in me e scoppiai subito a piangere. Non mi guardi così: non sono Flavia Vento… (ride, ndr)».
Nel libro ha scritto che sua madre era un cacciavite a stella: lei che utensile è?
«Non lo so. Lei era molto estroversa e quindi bravissima a interagire con chiunque e a entrare ovunque: nel mondo della politica, dell’arte, della tv… Le piaceva piacere. Nella vita era più attrice di me. Io sono più timida e più ruvida. Però sono sua figlia e se sono una donna libera lo devo a lei».

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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