ROMA Sono da poco passate le tredici quando i volti dei leader europei appaiono sugli schermi. Zelensky si collega a fianco del cancelliere Friedrich Merz dal Lagezentrum, la stanza blindata e insonorizzata al quarto piano della Cancelleria nel cuore di Berlino. Uno ad uno fanno capolino i grandi d’Europa, da Meloni a Macron, da Starmer al finlandese Stubb e il polacco Tusk, si aggiungono i presidenti dell’Ue Costa e von der Leyen.
La telefonata con Trump incombe a minuti. Urge difendere una posizione comune, granitica di fronte al negoziatore-capo della Casa Bianca. Così i leader europei decidono di coordinarsi. Piantano cinque paletti da conficcare nei ghiacci di Anchorage. Il primo: «Nessun negoziato senza l’Ucraina». Ovvero niente imposizioni a Zelensky, o intese a scatola chiusa. Il secondo: il prossimo vertice dovrà essere un trilaterale: Trump-Putin-Zelensky.
UN SUMMIT IN UE
Escluso dal vis-a-vis in Alaska, il presidente ucraino deve tornare al tavolo, annuiscono i presenti. Come? È Macron a lanciare la suggestione. Serve un «Paese neutrale» in Europa. Candida la Svizzera che con il presidente Cassis ha già dato un responso entusiasta. Si lavorerà nei prossimi giorni sull’opzione Ginevra, un’alternativa probabile resta la capitale turca Istanbul. Ma la premier Meloni è pronta a rilanciare l’ipotesi Roma, chiamata in causa proprio da Trump la scorsa settimana. È lo stesso Zelensky ad aprire al un summit nella Capitale. Seguono altri tre punti fermi su cui il gruppo di testa europeo promette di non arretrare. La necessità di garanzie di sicurezza «credibili e durature» per l’Ucraina. L’impegno, da parte europea, a non riconoscere «de iure» i territori occupati dai russi, per non legittimare almeno in questa fase le pretese dello zar. E infine: le sanzioni. Servono «come strumento di pressione» convengono nella call mattutina gli europei e per questo l’Ue ha pronto un diciannovesimo pacchetto di misure punitive. Al suo interno, restrizioni ai movimenti dei diplomatici russi in Europa e un duro colpo alle società energetiche vicine al Cremlino, da Lukoil a Rosneft e Trasneft. In futuro, se davvero Putin farà concessioni, potranno anche essere progressivamente allentate. Fino a quel momento nessun passo indietro. Cinque mosse per “stanare” Putin e costringerlo a mostrare le sue carte in Alaska. Ore quindici. Gli schermi si riaccendono. Parte una nuova telefonata di gruppo e questa volta dall’altro lato si sente distintamente la voce roca del presidente americano. «Hello everyone» irrompe Trump, affiancato dal vice JD Vance. Solo audio, niente video. Parte un giro di tavolo. Zelensky si rivolge al Tycoon con parole schiette. «Putin sta bluffando, non ci si può fidare di lui» avvisa il leader ucraino. I toni sono assai più accomodanti di quelli usati di fronte alla sua opinione pubblica nelle dirette social serali. Riconosce ed elogia gli sforzi di Trump per la pace. E fanno così tutti i presenti. Uno ad uno consegnano lo stesso messaggio al presidente Usa: «Solo tu puoi farcela». Una nota stonata: Macron. Dice a Trump che «un vertice a due» è «una concessione non da poco a Putin». L’americano non apprezza. Poi si passa ai “paletti” europei per le trattative. Trump, a sorpresa, si mostra interessato. Assicura che gli Stati Uniti faranno la loro parte per dare a Kiev adeguate garanzie di sicurezza una volta firmata la pace. Un trattato scritto? Forniture militari a lungo termine? Sono dettagli tutti da definire.
LE PROMESSE DI DONALD
Soprattutto, il presidente americano si impegna a ottenere dal vertice in Alaska un “cessate il fuoco” immediato. E ad aggiornare a stretto giro, all’indomani del summit di Anchorage, sia Zelensky sia i leader dell’Ue. Di più. Spiega che Kiev non sarà esclusa dal tavolo. «Io non sono di quell’area, il negoziato sui territori deve vedere ucraini e russi protagonisti».
Non basta ancora a scacciare un timore palpabile fra gli europei. E se Trump in Alaska offrisse a Putin un assegno in bianco? In call il presidente americano, adirato per la copertura mediatica del vertice da parte dei “fake news media”, assicura insieme a Vance che non sarà così: «Voglio incontrarlo di persona per capire quali sono le sue vere intenzioni». Se Putin bluffa, Trump proverà a chiamare il bluff. In Europa tutti sperano che abbia lui la mano migliore.
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