Ieri è stata una giornata molto emozionante, perché a distanza esatta di un anno da quella notizia tragica che avevo ricevuto, adesso quel giorno ricorda una nuova nascita. Io dovrò fare i conti per tutta la vita con questa assenza, questo vuoto” così esordisce ai microfoni di Storie Italiane questa mattina su Rai 1 con Eleonora Daniele, Gino Cecchettin, papà di Giulia uccisa a novembre 2023 dal suo ex fidanzato.
“Giulia era così capace di donare sé stessa per gli altri…Ho voluto prendere ad ispirazione il suo operato che tanto mi ha insegnato, e creare qualcosa per gli altri”, ha aggiunto parlando della nuova fondazione Giulia Cecchettin, “Vorrei che fosse il punto di riferimento per tutte le donne che stanno combattendo una battaglia, che possano affrancarsi da chi dovrebbe amarle e invece le sta opprimendo. Nello statuto c’è il ricordo di Giulia nella sua essenza per portare avanti valori come l’altruismo e l’amore”, spiega. “Non faccio un torto agli altri miei figli se dico che Giulia è la figlia perfetta. Ti faceva perdere lo stress e l’ansia dopo una giornata di lavoro, quando ti riceveva a casa con un ‘ ciao papino’. Amava fare la spesa con me, un gesto semplicissimo ma lei godeva di questo momento di comunione. Non si tirava indietro per aiutare gli altri e amava incondizionatamente. Voleva solo un po’ d’amore”.
Ripercorrendo i momenti successivi alla morte di sua figlia, papà Gino racconta: “Io avevo una scelta: potevo rinchiudermi nel dolore e iniziare a odiare. Forse sarei stato capito di più, ma ho preferito il benessere mio e della mia famiglia. Ho pensato che una persona che odia e che vuole il male del prossimo sarebbe stato comunque una persona peggiore e mi sono chiesto ‘adesso cosa posso fare?’. Guardando le foto di Giulia non potevo provare sentimenti negativi, da lì è nata la forza, che non significa non provare dolore. Tutte le mattine il primo pensiero va a lei. Sento la sua vocina che mi dice’ bene papà continua a fare quello che stai facendo’, ne sarebbe orgogliosa. Quindi ci si rimbocca le maniche e si va avanti”.
“Lei si definiva un oplita, la prendevo in giro per questo, le piaceva questa parola e vorrei continuare questa sua promessa e il suo nome con la fondazione”, aggiunge, rivolgendo un appello, “Rivedo nelle ragazze un po’ del comportamento di Giulia che aveva timore ad infierire ancor di più in un’attività familiare e portava le sue pene quotidiane. Io vorrei invitare tutte quelle che stanno vivendo una situazione come quella sua, ad essere egoiste, essere un po’ più al centro, capire qual è il bene per la loro vita. Se qualcosa le obbliga vuol dire che stanno vivendo una situazione di violenza e bisogna chiedere aiuto, parlandone con amici, genitori o professori. Il possesso non è la strada per l’amore e per vivere una vita piena”.
“La nostra idea è parlare con le scuole”, conclude, “uno studente mi ha chiesto come fare a parlare di queste tematiche. Ecco quando arrivano queste proposte io capisco che c’è la necessità da parte dei giovani di fare dibattito e di non essere lasciati soli. Noi genitori dobbiamo allargare il dialogo con questi ragazzi, molti non sono disposti a imparare dai propri figli. A me Giulia arrivava a far ammettere che forse lei è stata la genitrice nei miei confronti, capiva subito l’importanza delle cose e mi ha insegnato a lasciare andare le cose che fanno male, ad allontanarmi dallo stereotipo di maschio dominante. Mi ha insegnato la bellezza e l’amore in un modo diverso, quello verso una figlia che ti dà tanto e va oltre”.
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