17.06.2025
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Politics

Giorgia Meloni tra Puglia, Canada e un anno di cambiamenti. Al G7 di Kananaskis si ritrova mediatrice tra le parti


Dai porticati e le torrette di tufo grezzo di Borgo Egnazia alle montagne rocciose dell’Alberta, con la natura che domina, le alci che passeggiano indisturbate e i grizzly che rendono inaccessibili i boschi tutt’intorno. Il G7 cambia volto: un anno fa l’Italia di Giorgia Meloni accoglieva i grandi del mondo nella sua Puglia, “terra di dove finisce la terra”, ricorrendo alle parole di Vinicio Capossela. Tra taralli e orecchiette, mozzarelle preparate dai leader e la cucina stellare di Massimo Bottura a sorprendere i big, la voce di Andrea Bocelli a emozionarli. E la taranta, la pizzica salentina che, nella serata conclusiva del summit, li aveva visti addirittura danzare sul ritmo indemoniato dei tamburelli. È passato un anno ma a tratti sembra trascorsa un’era geologica. Le due guerre sul tavolo dei leader in quel di Borgo Egnazia sono ancora lì, animano i dibattiti degli sherpa a Kananaskis e continuano ad angosciare il mondo. Con le bombe che non smettono di piovere sull’Ucraina e la comunità internazionale inorridita davanti ai massacri di civili a Gaza. E un altro fronte aperto, innescato dall’attacco di Israele all’Iran degli ayatollah, mentre tra i leader serpeggia il timore che la guerra avanzi e incendi altri scenari, divampi in Libano per mano degli Hezbollah, degli houthi in Yemen, dei jihadisti in Iraq. È cambiato il quadro, ha assunto tinte ancor più fosche, ma dal mare blu della Puglia alle montagne imponenti del Canada, in appena un anno, sono cambiati anche i protagonisti.

A Borgo Egnazia i riflettori erano tutti su Papa Francesco, venuto a mancare 10 mesi più avanti. Bergoglio segna la prima assoluta di un pontefice ospite di un G7. «Non ho avuto alcuna difficoltà a convincerlo a partecipare — aveva raccontato la presidente del consiglio — sul piano politico la sua presenza è stata unica». Per Meloni il successo più grande. Ma a distanza di un anno sono cambiati soprattutto gli equilibri geopolitici, già friabili un anno fa. A tenere banco a Borgo Egnazia l’accordo dei Sette grandi sugli asset russi congelati per un prestito di 50 miliardi all’Ucraina. A siglarlo un Joe Biden sorridente, mentre sulle sue condizioni di salute iniziava ad interrogarsi il mondo. Oggi a Kananaskis — dove la premier è arrivata accompagnata dalla figlia Ginevra, anche un nativo americano ad accoglierle — il fronte pro-Kiev sembra sfaldarsi: a minarlo le minacce di disimpegno del nuovo inquilino della Casa Bianca, Donald Trump. Il presidente americano aveva promesso di chiudere la guerra con Mosca in 24 ore, ma dopo 5 mesi nulla è cambiato. Salvo il rischio di rimettere in gioco Vladimir Putin, ipotesi vissuta con terrore dagli europei, Italia compresa.

I RAPPORTI

Con il tycoon Meloni ha instaurato un rapporto privilegiato, che la vede nel potenziale ruolo da pontiera tra Usa e Ue. Ma per lei rischia di trasformarsi in un’arma a doppio taglio, che se da un lato la pone al centro della scena dall’altra potrebbe innescare l’effetto boomerang. complici le intemperanze del presidente statunitense, la guerra commerciale a suon di dazi e la postura scivolosa di The Donald sul conflitto in Ucraina.

Nel frattempo, Emmanuel Macron e Keir Starmer — subentrato al conservatore Rishi Sunak, legatissimo alla premier italiana — hanno tentato di mettere in piedi il fronte dei volenterosi: obiettivo rinsaldare l’asse europeo con Kiev, una sorta di paracadute per evitare che Zelensky precipiti nel baratro una volta testato il disimpegno statunitense. La possibilità di inviare truppe europee al fronte, la cosiddetta opzione “boots on the ground”, scava distanze siderali tra Roma e gli altri leader, innescando un nuovo scontro, l’ennesimo, con l’inquilino dell’Eliseo. Con Macron — con cui Meloni litigò platealmente anche al summit di Borgo Egnazia — la premier inanella una serie di dispute, fino all’incidente di Tirana e al successivo incontro chiarificatore avvenuto appena una settimana fa a Roma. Il rapporto burrascoso con Parigi è tra le poche cose rimaste immutate in questo anno di cambiamenti, in cui anche la foto di famiglia è mutata e non solo per via di Trump. Dei 7 Grandi soltanto 3 sono rimasti al loro posto: oltre a Meloni, Ursula von der Leyen e, naturalmente, l’eterno rivale, Emmanuel Macron.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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