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Giorgia Meloni, il pienone di preferenze. Poi tre anni di stabilità e il sì al premierato


Giorgia Meloni è sicura, o mostra di esserlo, di un plebiscito sul suo nome, piazzato a capolista delle cinque circoscrizioni. Nel 2019, la leader di Fdi ha preso 490mila voti. Ora si aspetta di andare oltre il raddoppio.

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Del resto dalle Alpi alla Sicilia ogni candidato — in liste senza star e nomi poco conosciuti oltre la ristretta cerchia di partito — ha scritto il nome di Giorgia nel santino elettorale. Fare il pienone di preferenze personali è già un obiettivo fondamentale per la premier. L’altro è portare FdI sopra, anche di poco, al 26 per cento ottenuto alle Politiche del 2022. Il principale partito di governo che, dopo quasi due anni al potere, non viene intaccato nella consistenza del suo consenso — considerando che chi governa di solito viene punito — sarebbe un risultato non da poco. Scendere verso il 25, e magari con il Pd intorno al 22, è un’ipotesi che Giorgia trova assai poco soddisfacente. Comunque sia, è difficile immaginare, per tutti e anche per lei, un risultato che metta a rischio il governo. Paradossalmente il 30 per cento, di cui nessuno parla più per FdI ma chissà, sarebbe più difficile da maneggiare per la premier rispetto al 27-28 per cento, perché il super-boom farebbe impensierire Salvini e Tajani ancora di più di quanto lo siano adesso.

I due sono infatti divisi su tutto ma, riservatamente, sono uniti su un punto: Giorgia non si deve allargare troppo. Perché significherebbe, per loro, non toccare palla — o toccarne poca — in tante partite di potere importantissime (vedi la Rai). E comunque, dentro e fuori da FdI c’è chi motteggia così: visti i grandissimi risultati alle Europee prima di Matteo Renzi (41 per cento, nel 2014) e poi di Matteo Salvini (33 per cento, nel 2019) e la successiva discesa a capitombolo di entrambi, magari a Giorgia non conviene andare troppo bene. Ma questi sono discorsi un po’ così. Quel che è certo è che queste elezioni per Meloni sono importanti perché, se conferma almeno il risultato delle Politiche, e se insomma va bene o benino, può stare tranquilla per i prossimi tre anni o almeno fino al referendum sul premierato. L’obiettivo di Giorgia in questa tornata è anche dare l’antipasto a se stessa e a tutti gli altri, sperando che l’antipasto sia gustosissimo e soddisfacente per lei, di quello che potrà accadere nella consultazione sulle riforme nel 2026. È così alta la posta in gioco che, anche una leader navigata come lei, è apparsa un tantino nervosa — oltre che molto determinata — durante la campagna elettorale.

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