Controverso, amato, avversato. Di sicuro divisivo come pochi. E forse per questo destinato ad essere ricordato, come uno dei simboli di un’epoca – quella della Lega Nord di Umberto Bossi – che è un pezzo di storia del Paese. Se n’è andato a 95 anni Giancarlo Gentilini, per tutti il sindaco «sceriffo» di Treviso, come lui stesso si definì appena eletto nel 1994.
Confermato cinque anni dopo per poi restare al vertice della città fino al 2013 coi galloni di vicesindaco, anche se molti continuarono a chiamarlo semplicemente «sindaco», le sue dichiarazioni ebbero fin da subito un’eco nazionale. Quando dichiarò di «odiare» i comunisti, o meglio i «bolscevichi». E disse che i migranti irregolari andavano travestiti da leprotti per poi fare loro «pim pim pim col fucile», ossia sparargli. Ma è lunga la lista delle provocazioni sopra le righe lanciate negli anni da Gentilini, che subito caratterizzò la sua giunta per l’approccio securitario e il piglio di estrema destra. I gommoni dei migranti a cui si sarebbe dovuto «sparare», la «pulizia etnica» contro le persone lgbt, le allusioni a Mussolini («Voglio arrivare al ventennio come ha fatto qualcun altro nella storia ma non voglio fare la sua stessa fine»). Uscite che gli valsero, da una parte, polemiche a non finire e proteste da parte della sinistra come forse mai se ne erano viste a Treviso. Ma che dall’altra contribuirono alla sua ribalta nazionale, facendo di lui il «leone della Lega», con una popolarità che andava ben oltre i confini del Veneto.
Come quando decise di togliere le panchine dal parco antistante la stazione, per impedire ai migranti irregolari di «bighellonare», sostenendo che la scelta servisse a non rendere la città una «terra di occupazione». Prese di posizione di fronte alle quali c’è chi ricorda però come fosse pronto a dare una mano concreta a qualche famiglia extracomunitaria in difficoltà. Di certo la sua popolarità non ne risentì, anzi: in un caso, la sua lista fu determinante per non cedere la città al centrosinistra.
IL RICORDO
E forse contribuì anche la dedizione con cui Gentilini amministrava la città. Dalle ferie inesistenti (un solo giorno, a Ferragosto) all’attenzione a ogni sampietrino o tombino fuori posto, per il quale seguivano aspre telefonate ai dirigenti comunali. Fu tra i primi a proporre un’ordinanza all’epoca rivoluzionaria, con severe punizioni per i proprietari di cani che non raccogliessero le loro deiezioni. E poi il via all’Ombralonga, una sorta di maratona enologica per le vie di Treviso che per anni richiamò migliaia di visitatori, sospesa quando un partecipante morì travolto da un treno dopo essere caduto sui binari stordito dall’alcol.
A Gentilini è andato ieri l’affetto di tutta la Lega. «Un grande sindaco, un grande alpino, un grande Veneto, un grande leghista», lo ricorda Matteo Salvini, con cui pure non mancavano le distanze. «Un amministratore che ha amato con grande dedizione la città di Treviso, dalla cui comunità è stato molto apprezzato», le parole del presidente della Camera Lorenzo Fontana. E il governatore del Veneto, Luca Zaia: «Un uomo delle istituzioni che ha saputo cogliere i sentimenti della gente».
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