Pronti, ai posti, via. A prescindere da come finirà la sfida di Genova, per centrodestra e centrosinistra la certezza è una: è solo l’inizio. Ballottaggi, referendum, regionali: per i partiti il calendario dei prossimi mesi è fitto di appuntamenti. Che mostreranno lo stato di salute delle coalizioni in vista della corsa al bottino più grosso, quella con Palazzo Chigi sullo sfondo, nel 2027. E permetteranno di rodare strategie, testare schemi di gioco, sondare gli umori.
La campanella è già suonata. Primo round: le amministrative in 117 comuni. E pazienza se quelle chiamate ieri e oggi a rinnovare i propri sindaci sono per lo più città medio-piccole, con soli quattro capoluoghi di provincia alle urne (oltre a Genova anche Taranto, Ravenna e Matera). Al netto dell’affluenza – che ieri alle 19 si attestava attorno al 33,5%, mentre nel capoluogo ligure ci si ferma al 30,8 –, al voto sono chiamati in tutto circa due milioni di italiani. Osservata speciale è proprio Genova, dove si combatte la sfida tra il vicesindaco uscente Pietro Piciocchi (di centrodestra) e l’ex martellista olimpica Silvia Salis (centrosinistra). E dove le coalizioni si fronteggiano al massimo livello di compattezza, maggioranza contro opposizioni. Tutte quante, dal Pd a M5S e Avs e comprese pure Italia viva e Azione (seppur sotto forma di lista civica).
LABORATORIO
Oggi si vota fino alle 15, poi lo spoglio. Per il fronte progressista di Elly Schlein, la sfida è di quelle che non si possono perdere. Riconquistare la Superba dopo otto anni di amministrazione Bucci significherebbe dimostrare, innanzitutto ai propri compagni di campo, che come ripete la leader dem se si marcia tutti uniti la destra si può battere. Almeno è questa la narrazione che il Nazareno si prepara a mettere in campo in caso di successo nel capoluogo ligure. Per sfoderarla all’occorrenza in vista delle regionali d’autunno, dove l’alleanza tra Pd e M5S è tutt’altro che scontata ovunque (a un pezzo degli stellati toscani, per esempio, non piace Eugenio Giani. E pure in Puglia chissà se si riuscirà a ricucire dopo lo strappo dei 5S con Michele Emiliano). A patto che il modello Genova – tutti uniti, sì, ma con un “papa straniero” al comando come la civica Salis – non diventi un laboratorio nazionale da replicare pedissequamente: Schlein, in quanto leader del partito più grande, è convinta che la candidata naturale a vestire i panni dell’anti-Meloni debba essere lei.
Per il centrodestra, invece, la partita di Genova sarà l’occasione per testare il modello civico che con Bucci si è dimostrato vincente. E che qualcuno, a cominciare da Forza Italia, invoca anche per la partita delle Regionali in Campania. Le candidature, del resto, sono ancora al palo: i leader dovrebbero vedersi a breve (c’è chi suggerisce già in settimana) per definire lo schema. Che al momento vedrebbe il Veneto in quota Lega, Marche e Toscana in cui a correre sarà FdI, Campania e Puglia da definire.
L’ASTICELLA
Prima della tornata autunnale però, l’8 e il 9 giugno, andranno fatti i conti con i possibili ballottaggi nelle città sopra i 15mila abitanti. Se Genova verrà assegnata al primo turno, la sfida principale potrebbe essere Taranto, dove entrambe le coalizioni corrono divise (e dove dunque è alta la probabilità di un secondo turno). Nella stessa data andranno in scena i referendum promossi dalla Cgil e sposati dal Pd su Jobs act e cittadinanza. Centrare il quorum non sarà facile: si tratta di portare alle urne quasi 25 milioni di persone. Un obiettivo che per un referendum abrogativo non viene centrato dal 2011. Il centrodestra – e Meloni in primis – punta sull’astensione. Per Schlein invece, la vera asticella è fissata ad almeno la metà del quorum, ossia circa 12,5 milioni di persone. Un po’ più dei 12,3 milioni di voti che prese il centrodestra alle ultime politiche. Per dimostrare plasticamente che l’alternativa può essere più forte. La sfida, in ogni caso, è appena cominciata.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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