Top jobs e ulivi secolari. L’ultimo fotogramma di un G7 in masseria che Giorgia Meloni inquadra come un «grande successo», è la conferenza stampa con cui la premier punta la tolda verso Bruxelles e lancia un avviso a marinai e naviganti. «All’Italia venga riconosciuto il ruolo che le spetta» scandisce dal podio ricavato da un ulivo espiantato per la xylella, perché è ora che «l’Europa comprenda il messaggio che è arrivato dai cittadini europei»: serve più «pragmatismo» e meno ideologia. O volendo tradurre ulteriormente il cripticismo negoziale di Meloni (che domani sera sarà a Bruxelles per trattare la composizione della nuova Commissione assieme ai Ventisette): le elezioni le hanno vinte l’Italia e le destre, entrambe meritano un ruolo adeguato. Prima o dopo il voto francese? «Non è una pregiudiziale». Lo è, invece, il fatto «che la politica debba soprattutto rispondere all’indicazione che arriva dai cittadini» dice Meloni, pronta a sedersi con animo belligerante al tavolo dove Emmanuel Macron e Olaf Scholz si presenteranno a braccetto e con in dono qualche probabile imboscata. Del resto, con la polemica «artefatta» sull’aborto su cui la premier taglia corto con un inciampo su «diritti e compagnia cantante…», il francese ha già provato a segnare qualche punto durante il vertice in Puglia. Meloni però, è soddisfatta per non essere caduta nella provocazione, riepilogando a chi chiede che tanto sui diritti delle donne che su quelli Lgbtqia+ «non ci sono stati passi indietro» e non ce ne saranno, dato che — ribadisce — la legge 194 «non sarà modificata». Semmai ad impuntarsi, proprio un attimo prima che a Borgo Egnazia sfilavassero «Joe, Emmanuel, Rishi, Olaf, Justin, Fumio, Ursula e Charles», sono stati i parlamentari della sua maggioranza. «Prevedo che aumenteranno le provocazioni» dice, riferendosi all’aggressione in Parlamento di mercoledì, ai danni del deputato pentastellato Donno durante la discussione del disegno di legge sull’autonomia, e scatenando l’ira dei partiti di opposizione.La richiesta è quindi quella di essere all’altezza. Come lo è stata l’Italia dimostrando di poter «organizzare eventi di questa straordinaria rilevanza».
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I TEMI
La soddisfazione non riguarda però solo il «borgo globale» in cui è stato trasformato il resort puglies, ma soprattutto per una dichiarazione finale che pare centrare tutti gli obiettivi che ci si era posti alla vigilia. Il primis il sostegno al fianco dell’Ucraina, ribadito con forza dal G7 attraverso uno «storico» accordo sul prestito americano da 50 miliardi di dollari garantito dai profitti degli asset russi. Volodymyr Zelensky — oggi gran maestro della conferenza di pace di Lucerna — può gioire. Anche perché, come tutti i leader occidentali hanno fatto prima di lei — anche Meloni rispedisce al mittente la proposta di pace arrivata da Vladimir Putin. «Mi sembra più un’iniziativa propagandistica che una reale proposta di negoziato» scandisce, «se vuole la pace, Putin deve ritirare le truppe dall’Ucraina».
Tra i temi della tre giorni, in conferenza stampa la premier si ritaglia uno spazio per celebrare con enfasi non solo l’interesse del summit per l’Africa o l’impegno sui migranti assunto dai Sette, ma soprattutto la presenza del pontefice, capace di indicare la strada da percorrere sull’intelligenza artificiale, affinché «questa tecnologia rimanga controllata dall’uomo». Su questo, «il Santo Padre ha dato un contributo morale e pratico straordinario», aiutando il vertice a lanciare l’iniziativa di un marchio che consenta alle imprese che adottano un codice di condotta di essere riconoscibili e a rendere quello appena concluso un appuntamento «destinato ad essere ricordato». Anche a brevissimo. Quando ad esempio, «nelle prossime settimane», la premier volerà a Pechino per incontrare Xi Jinping. Alla Cina infatti, da Borgo Egnazia è stato indirizzato un «messaggio chiaro»: «Siamo aperti al dialogo, ma le nostre imprese devono poter competere ad armi pari. Il mercato può essere libero, ma solo se e equo, quindi libero mercato, in un quadro pero di concorrenza leale».
I BILATERALI
Prima ancora di affrontare i giornalisti, la premier ha concluso il suo G7 dedicandosi in rapida successione a degli incontri bilaterali. Non solo il passaggio di consegne con Justin Trudeau (il Canada guiderà i Sette il prossimo anno), ma pure il presidente di turno del G20, il brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva. Meloni ha inoltre stretto un accordo bilaterale tra l’Italia e il Gruppo della Banca Africana di Sviluppo per provare a riempire di significato (e risorse) il Piano Mattei, e con il presidente dell’Algeria, Abdelmadjid Tebboune. Su tutti i tavoli questioni energetiche, lotta al cambiamento climatico, gestione delle acque e protezione delle foreste.
Grandi temi, ma non solo. I leader infatti in questi giorni, tra i filari della campagna pugliese, hanno anche avuto modo di conoscere al meglio la cultura locale. «Sono stata fiera di vederli a bocca aperta, ma a volte anche meno, per i sapori e il gusto», racconta la premier. Panzerotti, luminarie, taranta, braccialetti con noccioli di ulivo e la voce del tenore Andrea Bocelli. «Noi, qui, siamo sempre capaci di reinventarci», ha spiegato Meloni, ma con i piedi sempre ben piantati nella terra da dove proveniamo. «Con i grandi del mondo parliamo di sfide globali, ma dobbiamo ricordarci che non siamo in grado di affrontare queste sfide senza la nostra identità».
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