17.05.2025
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Sports

Friedkin lo licenzia in tronco. Juric la nuova guida


La storia si ripete, anche se spesso non ci piace. Otto mesi dopo: stesso luogo, stesse modalità, stessi destini. Un dejá-vù. C’è un allenatore esonerato, all’improvviso, e un altro che arriva, quando si pensava che la tempesta fosse finita. Lo scorso 16 gennaio, José Mourinho; ieri, Daniele De Rossi. Che non solo non mangia il panettone, ma non ha la possibilità nemmeno di assaggiare qualche castagna: non è passato nemmeno un mese dall’inizio del campionato e la Roma è costretta a ricominciare, di nuovo. Sembrano passati secoli, ma Mourinho è stato cacciato appena otto mesi fa, duecentoquarantasei giorni.

LA CHIAMATA

La convocazione arriva di prima mattina, quando l’ad Lina Souloukou accoglie dipendenti e collaboratori. La società già da lunedì è a caccia di una nuova guida tecnica (ora sono tutti sotto esame, anche i dirigenti, vecchi e nuovi), il blitz nella Capitale da parte dei Friedkin aveva questo scopo. Daniele sospetta, ma non sa. Saprà, come accaduto a Mou, a cose già definite, quando tecnici a spasso, quindi disponibili, o hanno rifiutato l’incarico o sono stati respinti dopo alcune richieste esorbitanti. Ed ecco, appunto, che sullo sfondo c’è Ivan Juric, con il suo manager chiamato a Trigoria già a metà mattinata, pronto a definire l’accordo con la Roma per questa stagione ed, eventualmente (in caso di piazzamento Champions, auguri), per gli anni successivi. E Daniele cosa paga? Un po’ tutto, da buon parafulmine (copyright Francesco Totti) qual è, anzi qual era. Paga un mercato infinito, che ha dato il meglio (o il peggio, dipende dai punti di vista) a campionato già cominciato; paga la questione Dybala, che prima deve andare via e poi resta, quando i pensieri tecnico tattici ed economico finanziari erano altri; paga i rapporti non idilliaci con una buona parte della dirigenza, sfociati con discussioni molto accese nelle ultime settimane, martedì è il giorno chiave, quello è il buco nero. Paga, inoltre e inevitabilmente, i risultati modesti (escludendo il finale dello scorso campionato) di questo inizio stagione: tre punti su dodici, con due sole reti segnare. Il comunicato dell’esonero, prontamente preparato nelle prime ore del mattino, cade in rete intorno alle 9, anche qualche minuto prima. Le parole sono sempre quelle, di circostanza: «L’AS Roma comunica di aver sollevato Daniele De Rossi dall’incarico di allenatore responsabile della Prima Squadra. La decisione del Club è adottata nell’interesse della squadra, per poter riprendere prontamente il percorso auspicato, in un momento in cui la stagione è ancora al suo inizio. A Daniele, che sarà sempre di casa nel Club giallorosso, un vivo ringraziamento per il lavoro svolto in questi mesi con passione e dedizione». Tutto chiaro: con lui non si va in Champions. De Rossi già era stato ufficialmente informato poche ore prima (la sera precedente il sospetto già ce l’aveva, visto che alcuni suoi colleghi, da Pioli, che era in parola con gli arabi, a Terzic, fino a Sarri, che non se l’è sentita, e Allegri, che costava troppo, erano stati contattati e il tutto a Daniele era inevitabilmente arrivato). Il sospetto che i calciatori non sapessero, c’era, visto che si stavano presentando regolarmente al campo per l’allenamento previsto in mattinata, per fare — dopo quello scossone — il ritorno a casa. Allenamento poi, spostato al pomeriggio, ore 17, già con il nuovo allenatore. Quindi senza Daniele, fuggito via da Trigoria intorno alle 11,30-12, accolto dall’abbraccio dei tifosi presenti davanti al centro sportivo Fulvio Bernardini, sia la mattina sia il pomeriggio. A DDR non manca il sorriso, se ne va dopo aver salutato, commosso, dirigenti e dipendenti, si ferma per pochi secondi davanti a una ventina di tifosi, firma autografi e scappa a casa, e anche lì, davanti a qualche giornalista, preferisce il silenzio. Silenzio che non c’è a Trigoria. Il rumore della protesta cresce e si sfoga contro qualche calciatore che via via sta tornando per l’allenamento. Per Daniele poi, una passeggiata in centro, con quel continuo squillare del telefono. La sera, la sorpresa di vedersi sotto casa una ventina di tifosi, che gli hanno dedicato cori e hanno esposto uno striscione contro la società.

LA PROTESTE I POST DI SALUTI

I presenti al Bernardini se la prendono con il capitano Lorenzo Pellegrini. «Quanti ne vogliamo fare fuori ancora?», gli chiedono. «Non dovete dirlo a me», la risposta, anche a chi gli rimproverava di «pascolare in mezzo al campo (ma il discorso era in generale, ndr), invitandolo a togliersi «la fascia», e lui per ora, non ci pensa. La sera, come El Shaarawy, Lorenzo saluta Daniele con un post: «Grazie per tutto quello che sei sempre stato con me… un punto di riferimento da quando ero piccolo. Ti auguro il meglio. Ti voglio bene Daniele». Non c’è stata tenerezza nemmeno nei confronti di Mancini e Cristante, El Shaarawy. Inevitabile l’intervento degli steward e della polizia presente a Trigoria a bloccare qualche tifoso che stava andando un po’ sopra le righe. Alle 15, si aprono le porte al futuro: arriva Juric, che fino a quel momento era nascosto in un hotel dell’Eur, in attesa della schiarita. Al tecnico croato è stato dato il benvenuto e poi gli è stato chiesto di far tirare fuori il carattere (eufemismo) ai giocatori. Il solito dejá-vù.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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