PARIGI Trovare un governo per la Francia che approvi la legge finanziaria entro la fine dell’anno costa circa undici miliardi di euro. Partito alla ricerca del compromesso perduto, Sébastien Lecornu – e con lui Emmanuel Macron – dovrà cedere. Meglio un deficit alto oggi che uno scioglimento del Parlamento domani. La deviazione dalla retta via della riduzione del deficit, che avrebbero voluto imboccare l’ex premier Michel Barnier e, ancor più, François Bayrou (a entrambi, mal gliene incolse), sarà probabilmente abbandonata dal prossimo governo francese. Sébastien Lecornu ha dato la linea ieri mattina, aprendo l’ultima giornata di negoziati estremi per trovare una quadra e un governo. Tenendo conto delle possibili spese supplementari necessarie per raggiungere un compromesso con le opposizioni, il premier dimissionario ha evocato un obiettivo di deficit pubblico «inferiore al 5%» del Pil nel 2026. Se Lecornu ha evitato di contestualizzare la cifra, i conti sono presto fatti: secondo Bayrou, per sperare di riportare il deficit sotto la soglia europea del 3% del PIL entro il 2029, bisogna iniziare con un deficit ridotto al di sotto del 4,7% dalla già prossima finanziaria.
Ma i tagli necessari – circa 40 miliardi di euro – richiedono una politica economica per la quale nessun governo francese oggi ha i numeri, né la forza, per applicarli. I tre decimi di punto percentuale in più daranno ossigeno al nuovo governo di compromesso – o di scopo – per circa undici miliardi di euro: quanto basta per immaginare una sospensione della riforma delle pensioni (e far contenti socialisti ed ecologisti), ma anche altre misure capaci di consolare i Républicains e i delusi del campo macroniano, come un alleggerimento del carico fiscale. «La strategia è quella di cercare di approvare un bilancio di compromesso, con una riduzione minima delle spese nei prossimi due anni, fino alle presidenziali del 2027», ha dichiarato all’agenzia France Presse Stéphanie Villers. «Se cambiamo il traguardo ogni due anni, nessuno ci crederà più, nemmeno sui mercati», mette in guardia un osservatore esperto delle finanze pubbliche, ricordando che la Francia ha la triste reputazione, a livello europeo, di non aver quasi mai rispettato gli obiettivi che si era fissata.
LA STRATEGIA
A questo punto, però, meglio una manovra da “ultimo della classe” che niente. Per l’economista di ING Charlotte de Montpellier – che pure non vede all’orizzonte una Francia tornata sotto il 3% – una manovra ridotta ha almeno il merito di «dissipare un po’ di incertezza, il principale nemico delle imprese, che hanno completamente sospeso i loro investimenti, e di dare una boccata d’ossigeno alle famiglie perché tornino a consumare». Ma per avere una legge di bilancio, anche ultraleggera, approvata nei tempi – dunque prima del 31 dicembre 2025 – non basta trovare un compromesso tra le forze politiche: bisogna trovarlo subito. È infatti indispensabile che il progetto di legge finanziaria presentato il 2 ottobre sia validato, con tutte le correzioni, dal Consiglio dei ministri lunedì 13 ottobre, affinché il Parlamento possa iniziare ad esaminarlo mercoledì 15 ottobre. Se questa tappa verrà mancata, la Francia sarà quasi automaticamente costretta a cominciare il 2026 senza bilancio, accontentandosi – come all’inizio del 2025 – di una legge speciale minimalista, per garantire la continuità dei servizi pubblici. L’armistizio sul fronte interno, però, potrebbe non bastare a Bruxelles. Lo scorso giugno, la Commissione europea aveva giudicato che le prime misure annunciate da François Bayrou mettevano la Francia «sui buoni binari», salutando gli sforzi del governo e sospendendo temporaneamente la procedura per deficit eccessivo. A Bruxelles non mancano ora di notare che altri Paesi, dove la situazione politica è altrettanto instabile, riescono meglio della Francia a riequilibrare le proprie finanze pubbliche. Se la Commissione decidesse di rimettere Parigi sotto procedura per deficit eccessivo, il governo francese sarebbe costretto – sotto pena di sanzioni finanziarie – a riportare più rapidamente del previsto il deficit sotto il 3% e a ridurre il debito dell’1% all’anno. Macron ci penserà domani.
Fr. Pier.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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