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Francia, Bayrou accusa l’Italia di dumping fiscale. Ira di Palazzo Chigi: «Affermazioni totalmente infondate»


Ci risiamo. Scoppia una nuova grana sulla rotta Roma-Parigi, o meglio Parigi-Roma perché stavolta è la Francia ad affondare e colpire per prima. L’accusa mossa al nostro Paese è di praticare una «politica di dumping fiscale», e a muoverla, in diretta tv, è il primo ministro francese Francois Bayrou, forse complice una certa dose di nervosismo per il voto di fiducia che attende il suo governo il prossimo 8 settembre, un bivio decisivo. Parlando del rischio che i francesi più abbienti si trasferiscano all’estero se il governo vara provvedimenti mirati «ai più ricchi», Bayrou osserva che «ormai c’è una specie di nomadismo fiscale e ognuno si trasferisce dove è più conveniente». A titolo di esempio, ça va sans dire, il primo ministro punta il dito contro Roma: «Guardate l’Italia — scandisce a favore di telecamere- che sta facendo una politica di dumping fiscale». Il riferimento, tutt’altro che velato, è ai vantaggi previsti per chi si trasferisce in Italia o rimpatria dopo alcuni anni trascorsi all’estero. Parole che provocano l’immediata e ferma reazione di Palazzo Chigi: «affermazioni infondate», tanto più che l’Italia «è penalizzata» da «paradisi fiscali» altrui. E a cui fa eco, manco a dirlo, la Lega di Matteo Salvini, che quando c’è da darsene con Parigi si guarda bene dal tirarsi indietro: «grave e inaccettabile attacco all’Italia — tuona infatti via Bellerio — ai suoi imprenditori e ai suoi lavoratori». Ma che cos’è questo dumping fiscale che ha fatto scattare l’ennesima lite coi francesi ad appena una settimana dall’incidente diplomatico innescato dalla parole al vetriolo di Salvini contro Macron? Si tratta della flat tax da 200mila euro che attira i Paperon de Paperoni in Italia, e rispetto alla quale anche la Corte dei Conti, nel luglio scorso, aveva lanciato l’allarme. Ma, a ben guardare, non si tratta di farina del governo di centrodestra. Ad introdurre la tassazione agevolata per le persone che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia dopo aver vissuto almeno nove anni sui dieci precedenti all’estero era stato Matteo Renzi, con l’obiettivo di attrarre investitori e “big spenders”.

LA FLAT TAX

Per strizzare l’occhio a imprenditori facoltosi e non solo — la misura all’epoca venne etichettata come norma Ronaldo — l’allora segretario dem aveva previsto, per chi porta la residenza nel nostro Paese, la possibilità di pagare un’imposta forfettaria pari a 100 mila euro — da qui il nome “flat tax” — sui redditi prodotti all’estero, al posto della normale tassazione in vigore. Una scelta che Renzi, ancor oggi, rivendica. «Quelle che Bayrou chiama politiche di dumping fiscale — ci mette la faccia il leader di Iv — sono scelte fatte dal mio Governo nel 2016. Il mio amico François evidentemente non è informato. Il dumping non lo fa l’Italia. Il Governo francese impari a riconoscere gli alleati dai nemici».

LA SCELTA DI MELONI

La norma finita nel mirino dei francesi non è stata dunque partorita da Giorgetti e compagnia. Anzi, c’è di più. Il governo Meloni, pur lasciando in piedi la tassazione agevolata e il principio “se vieni dall’estero e investi, paghi meno tasse”, ha raddoppiato il dovuto per i Paperon de Paperoni in arrivo, portando l’asticella da 100mila a 200mila euro. Una scelta rivendicata da Palazzo Chigi anche nella nota in cui “bacchetta” Bayrou, e in cui si rimarca, giustappunto, di aver «addirittura raddoppiato l’onere fiscale forfettario in vigore dal 2016». Il governo sembra poi cogliere la palla al balzo per togliersi un sassolino dalla scarpa: «l’economia italiana è attrattiva e va meglio di altre grazie alla stabilità e credibilità della nostra Nazione», rivendica il governo, alludendo al Pil francese in affanno. Quanto all’affondo del primo ministro, «l’Italia è piuttosto, da molti anni — si legge nella lunga nota di Palazzo Chigi — penalizzata dai cosiddetti “paradisi fiscali europei”, che sottraggono alle nostre casse pubbliche ingenti risorse. Confidiamo che, dopo queste affermazioni del suo primo ministro, la Francia voglia finalmente unirsi all’Italia per intervenire in sede di Unione europea contro quegli Stati membri che applicano da sempre un sistematico dumping fiscale, con la compiacenza di alcuni Stati europei». Paesi che non vengono tirati in ballo chiamandoli per nome, anche perché non ce n’è affatto bisogno: la pratica è ben nota nel Vecchio Continente e riguarda l’Irlanda, l’Olanda e il Lussemburgo. Fatto sta che, dumping o non dumping, tra Roma e Parigi siamo di nuovo ai ferri corti, mentre anche sul processo di pace per l’Ucraina continuano a registrarsi distanze e tensioni. Giovedì Macron ha convocato una nuova riunione dei volenterosi. Ah, Meloni non ci sarà: si collegherà da Roma.


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