31.05.2025
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«Forte rischio, ipotesi trasferimento di materiale»


Le sessanta impronte rilevate dal Ris di Parma con polveri e adesivi per evidenziarle ed asportarle dalle superfici all’interno della villetta di via Pascoli a Garlasco sono a «forte rischio contaminazione». E’ il nuovo elemento che si aggiunge all’indagine della Procura di Pavia su Andrea Sempio, indagato per l’omicidio di Chiara Poggi. I para adesivi sono stati repertati dagli esperti poco dopo il delitto del 13 agosto 2007 e dopo quasi 18 anni saranno al centro dell’incidente probatorio che prenderà il via il prossimo 17 giugno.

L’ipotesi contaminazione

Le impronte, prelevate in particolare al piano terra della villetta e attribuite a persone note o non approfondite in quanto non ritenute utili, si trovano anche sulla porta d’ingresso toccata da più soccorritori e carabinieri, alcuni dei quali entrati senza guanti. Una di queste in particolare, la numero 10, vicino alla maniglia interna della porta d’ingresso ha catturato l’attenzione dei nuovi inquirenti e la difesa di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata, punta ora a trovare un Dna utile all’indagine in corso. La consulenza tecnica dei pubblici ministeri ha già escluso che l’impronta sia riconducibile a Sempio, a Stasi o dei familiari della vittima.

Il genetista

Ora, però, il consulente della famiglia Poggi, il genetista Marzio Capra che ha partecipato fin dall’inizio all’indagine sull’omicidio, solleva una questione: «Sui para-adesivi — svela all’Adnkronos — c’è un forte rischio contaminazione, l’ipotesi è che non avendo utilizzato pennelli singoli per evidenziare ciascuna traccia, non si può escludere che ci sia stato un ‘trasferimento’ di materiale pennellando da una all’altra”. Difficile per lui anche pensare di poter ottenere ulteriori risultati dall’impronta 33, la traccia palmare — attribuita dai consulenti della procura a Sempio — trovata sulla parete della scala dove giaceva il corpo senza vita di Chiara. Un’impronta senza sangue — come mostrano i test fatti subito dal Ris — trovata vicino ai gradini che tuttavia l’assassino non calpesta. «L’intonaco grattato dalla traccia 33 è andato interamente consumato nel tentativo di trovare del Dna che comunque non sarebbe stato databile» conclude il genetista Marzio Capra.

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