Ursula von der Leyen ha dribblato gli ultimi ostacoli sul percorso e, dal Parlamento europeo di Strasburgo, ha alzato il velo sulla composizione della squadra che la affiancherà nel secondo mandato alla guida della Commissione. Con messaggi precisi per la Russia (la regia della politica estera e di difesa sarà in mano ai baltici, che l’occupazione di Mosca la conoscono da vicino), ma anche per i partner come Cina e Stati Uniti (il portafoglio del Commercio aggiunge un pezzo di titolo, cioè la “sicurezza economica”). Lo schema di gioco di von der Leyen vede i tre pesi massimi dell’Ue oltre alla sua Germania, cioè Italia, Francia e Spagna, chiamati nella stanza dei bottoni con una vicepresidenza esecutiva ciascuno, insieme a tre esponenti della cosiddetta “nuova Europa” (Estonia, Romania e Finlandia); depennate, invece, le vicepresidenze semplici.
LE SCELTE
Numero due della Commissione (ruolo che nel 2019 andò a Frans Timmermans) è la socialista spagnola Teresa Ribera, vicepremier in uscita di Madrid a cui è affidata la “Transizione pulita, giusta e competitiva”, erede diretta del Green Deal con un’aggiunta di pregio: l’influente Concorrenza, che si occupa di antitrust, controllo delle fusioni e aiuti di Stato. La responsabilità per il Clima, però, sarà condivisa con il commissario olandese Wopke Hoekstra, del centrodestra. Confermata la vicepresidenza per Raffaele Fitto, che ottiene — come da previsioni — la Coesione e le riforme, con responsabilità diretta sui fondi regionali e, condivisa, sull’attuazione del Pnrr, oltre a un ruolo di coordinamento per i commissari ad Agricoltura, Pesca e Trasporti. «L’Italia è un Paese molto importante e ciò si deve riflettere anche in questa scelta», ha risposto von der Leyen a chi le chiedeva dell’assegnazione — una prima assoluta — di una poltrona di primo piano a un conservatore dell’Ecr, forza che è fuori dalla euro-maggioranza («Dei 14 vicepresidenti del Parlamento Ue, due sono di Ecr; ne ho tratto le conseguenze»). Vice sarà pure il liberale francese Stéphane Séjourné, con la maxi-delega industriale sognata da Parigi, ma depotenziata rispetto perché perde la titolarità di Difesa e Spazio, per la prima volta a un commissario dedicato. Completano il quadro delle vicepresidenze esecutive la rumena Roxana Mînzatu, socialista, che si occuperà di “Persone e competenze” (cioè Lavoro, istruzione e politiche sociali), la finlandese Henna Virkkunen, che con il portafoglio “Sovranità tech, sicurezza e democrazia” diventa la nuova zar Ue del digitale, e infine l’estone Kaja Kallas, l’unica per cui il ruolo è previsto già dai Trattati: indicata dai governi, è la prossima Alta rappresentante per la politica estera. Dal Baltico arriva un altro ex premier, stavolta della Lituania: Andrius Kubilius, fama di falco anti-Mosca e sostenitore degli Eurobond per le armi, prenderà le redini della Difesa, incaricato di aumentare produzione e appalti congiunti di equipaggiamenti “made in Europe”.
I FEDELISSIMI
E conserva un ruolo di primissimo piano il sempreverde lettone Valdis Dombrovskis: al suo terzo mandato di fila, il frugale fautore del rigore dei conti pubblici non sarà più vicepresidente, ma tiene strette le chiavi dell’Economia e prende su di sé la Sburocratizzazione.
Toccherà (ancora) a lui monitorare il rispetto del Patto di stabilità; mentre sarà in coabitazione con Fitto per l’esecuzione del Recovery Plan. Incarico di peso anche per un altro fedelissimo di von der Leyen, Maroš Šefčovič: veterano di Bruxelles, lo slovacco rileva il Commercio. Il portafoglio Affari interni e Migrazione va, a sorpresa, all’austriaco Magnus Brunner, fama da falco, ma come ministro delle Finanze di un Paese dove l’ultradestra è in grande ascesa. La Polonia ottiene il desiderato Budget, con Piotr Serafin a mettere a punto il prossimo ciclo Ue 2028-2024. E per la prima volta ci sarà una commissaria dedicata al Mediterraneo (la croata Dubravka Šuica) e uno alla Casa, oltre che all’Energia (il danese Dan Jørgensen).
Il nuovo esecutivo seguirà le raccomandazioni del rapporto di Mario Draghi, ha annunciato von der Leyen, ricordando come il Green Deal, la principale priorità cinque anni fa, ora deve convivere con nuove preoccupazioni: «La sicurezza e la competitività». E l’orientamento politico si sposta più a destra. I popolari del Ppe sono la forza più rappresentata, con 15 poltrone su 27 (compresa la presidenza) e una serie di temi chiave come Economia, Digitale, Migrazione, Clima e Ambiente. «È una Commissione del Ppe», ha rivendicato il leader popolare Manfred Weber, ma a cantare in qualche modo vittoria sono un po’ tutti, compresi socialisti e liberali (rispettivamente 4 e 5 commissari), e persino i verdi (che non ne hanno alcuno, ma hanno tifato per il mantenimento degli obiettivi “green”). La vera vincitrice, però, è lei, “Queen Ursula”. Che ha creato un collegio a sua immagine, dopo essersi “liberata”, con un colpo di coda, del più ingombrante tra i commissari uscenti, il francese Thierry Breton, accompagnato alla porta e sostituito dall’Eliseo in zona Cesarini.
Incassate le indicazioni dei governi Ue, la tedesca si è dedicata a un gioco a incastri nella distribuzione dei portafogli, bilanciando desideri («in 20 hanno chiesto una delega economica, ma non ce ne sono così tante») ed equilibri geografici e politici. Il risultato? Una mappa del potere fatta, in molti casi, di pesi (Ribera) e contrappesi (Hoekstra), ma anche di commissari pigliatutto, tra vecchie conoscenze (Dombrovskis) e nuovi arrivi (Virkkunen). Su 27 membri del nuovo collegio, 16 sono uomini (il 60%) e 11 donne (40%); dopo un inizio in salita, von der Leyen ha convinto alcune capitali a puntare su un nome femminile in cambio di una promozione: è il caso della slovena Marta Kos, designata per l’Allargamento al posto dell’ungherese Olivér Várhelyi, che passa a Salute e benessere animale. Dopo l’esame degli eventuali conflitti d’interesse, i commissari-designati (che oggi pomeriggio saranno a Bruxelles per un primo incontro di gruppo) dovranno passare, non prima del prossimo mese, dalle forche caudine delle audizioni parlamentari. Appuntamento in cui, da tradizione, cade sempre qualche testa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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