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Fitto, Ribera, Várhely. Ma ora a tremare è anche Ursula


L’Eurocamera ricomincia da tre. Non che abbia mai smesso di arrovellarsi sugli incastri politici, ma i mal di pancia di queste ore riportano a galla i tre profili — sui sette ancora in ballo — da cui passa inevitabilmente la risoluzione dello stallo. Cominciato come un gioco delle parti, evolutosi nelle ultime ore adesso tiene prigioniero il completamento della squadra del bis di Ursula von der Leyen alla testa della Commissione europea. Il rebus riguarda due vicepresidenti esecutivi designati, cioè il conservatore Raffaele Fitto (Coesione e Riforme) e la socialista Teresa Ribera (Concorrenza e Transizione), e un commissario semplice dalla delega tutto sommato leggera (Salute e benessere animale) ma dalla storia personale molto controversa e il patriota Olivér Várhelyi.

PISTOLE PUNTATE

Sono queste le tre caselle più a rischio se le pistole puntate dovessero rivelarsi cariche. Ai margini della contesa — ma a rischio come tutti se l’intoppo dovesse far saltare l’intero impianto — sono i liberali e i popolari, che schierano rispettivamente Stéphane Séjourné e Kaja Kallas, e Henna Virkkunen, congelati in attesa che l’intesa politica produca anche una data per il verdetto sulle loro candidature; e, naturalmente, la stessa von der Leyen la cui sedia comincia a traballare. A essersi sfilacciata è la fiducia reciproca tra socialisti e popolari, i due azionisti di maggioranza della coalizione “Ursula”, che tornano a guardarsi in cagnesco e con estrema diffidenza. «Le nostre condizioni sono molto chiare», dicono tanto gli uni quanto gli altri. Per S&D, ciò vuol dire limitare le vicepresidenze a cinque, assegnandole ai soli tre gruppi della euro-maggioranza ed estromettendo dai ruoli di peso Fitto poiché esponente dei conservatori dell’Ecr, che a luglio negarono la fiducia a von der Leyen. Ma su Fitto, per le sue credenziali europeiste e il peso dell’Italia, si estende lo scudo del Ppe, determinato a difenderne il ruolo.

Della partita è pure il posto dell’ungherese Varhelyi, che durante l’audizione parlamentare della scorsa settimana è stato criticato per le parole ambigue sui diritti riproduttivi delle donne, e a cui (memori delle passate polemiche sull’acquisto di vaccini anti-Covid russi e cinesi da parte di Budapest) liberali e socialisti vorrebbero sottrarre delle competenze, perlomeno quelle relative alla preparazione sanitaria. Ma c’è pure chi gli toglierebbe volentieri pure il benessere animale. Varhelyi è stato visto finora come l’indiziato numero uno per essere bocciato tra i commissari designati: è infatti da 20 anni, dai tempi di Rocco Buttiglione, che l’Eurocamera chiede perlomeno una testa in cambio del suo assenso (nel 2019 furono ben tre). Ieri, la riunione dei capigruppo delle commissioni parlamentari Agricoltura e Ambiente per approvarne la designazione è stata rinviata a data da destinarsi, legando a doppio filo la sua sorte a quella dei vicepresidenti. Il Ppe, però, punterebbe a promuoverlo dando un segnale di unità ed evitare di finire nella trappola di Viktor Orbán: il rischio è, infatti, che il premier ungherese decida di non indicare un sostituto tenendo così in scacco l’insediamento dell’intera Commissione. Per i popolari, il senso della stasi è tenere ancora per un po’ sulla graticola Ribera. La linea sposata dal gruppo continentale è quella dei popolari spagnoli: prima di poter incassare il sì, dovrebbe presentarsi davanti al Congresso spagnolo per riferire sull’alluvione con oltre 220 morti a Valencia e sulla gestione dell’emergenza. E, in quella sede, dovrebbe impegnarsi a rassegnare le dimissioni in caso di rinvio a giudizio per eventuali responsabilità nell’esercizio delle funzioni ministeriali.

LE DATE

Il passaggio dovrebbe tenersi mercoledì 20 novembre, giornata altamente significativa perché è la vigilia della data limite (il 21, appunto), a disposizione dell’Europarlamento per chiudere le audizioni e passare alla fase successiva. Che prevederebbe il voto in blocco sull’intera Commissione il 27 novembre a Strasburgo, così da poter entrare in funzione il 1° dicembre. Scadenze che ora appaiono pericolosamente in bilico.

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