Vicini alla meta. C’è ottimismo nel governo, alla vigilia del Cdm che appunterà ufficialmente sul bavero di Raffaele Fitto i galloni di candidato italiano per la Commissione europea. E non solo per il (corposo) portafogli di cui il custode del Pnrr italiano sarà titolare nella squadra di Ursula von der Leyen: Bilancio, Coesione e Recovery plan, la casella opzionata da Giorgia Meloni, ottenuta la quale il ministro degli Affari Ue in procinto di traslocare a Bruxelles si troverebbe a gestire oltre mille miliardi di euro. Ma anche e soprattutto per quello che a Palazzo Chigi considerano il vero risultato da portare a casa per poter rivendicare la vittoria: la vicepresidenza dell’esecutivo Ue. Sfida ardua, e non solo perché un mese e mezzo fa Meloni ha fatto mancare i voti dei Conservatori al bis di von der Leyen, alimentando le voci di un possibile smacco della tedesca ai danni di Roma. Ma perché a quella poltrona ambiscono competitor di prim’ordine come Francia, Spagna e Polonia, tutti e tre guidati da leader appartenenti a partiti (Renew, Pse e Ppe) che alla riconferma di Ursulahanno detto sì.
I SEGNALI
E invece i segnali delle ultime ore vanno nella direzione che il governo italiano auspicava. La svolta matura nei colloqui a tu per tu con la presidente della Commissione. Due giorni fa, la telefonata con la premier, ieri mattina l’incontro vis-a-vis a Bruxelles con Antonio Tajani. Due scambi in cui von der Leyen, pur senza spingersi a dare garanzie – del resto la numero uno dell’esecutivo Ue si prenderà ancora qualche settimana prima di annunciare la squadra da sottoporre al vaglio dell’Eurocamera – avrebbe comunque offerto rassicurazioni sul fatto che il peso dell’Italia sarà tenuto in debita considerazione. La scommessa del governo, in altre parole, è che lo standing europeo delBelpaese e il ruolo della sua economia nel Vecchio continente (seconda manifattura, terza economia) alla fine contino di più nel difficile gioco degli incastri rispetto alle famiglie politiche dei leader. E non è una scommessa al buio, suggerisce chi ha seguito gli ultimi sviluppi del delicato dossier. Gli indizi che fanno propendere per la svolta positiva sono almeno due. L’«ottimismo» dichiarato di Tajani dopo il vertice brussellese con von der Leyen. «Mi auguro che si possa raggiungere l’obiettivo di avere un vicepresidente esecutivo» per l’Italia, «sono ottimista». E poi c’è l’accelerazione sul nome di Fitto. Meloni ha voluto aspettare l’ultimo momento utile per ufficializzare il profilo del ministro pugliese, tanto che all’appello mancano solo le designazioni di Italia, Belgio e Bulgaria. Ma dietro questa strategia c’era un motivo preciso: ottenere la ragionevole certezza che per Fitto si profilasse un ruolo di primissimo piano, nel prossimo esecutivo Ue. In caso contrario, Meloni sarebbe stata pronta a valutare altre opzioni, pur di non sfilare una pedina fondamentale dallo scacchiere del suo governo. Invece c’è un solo nome, già condiviso e approvato dagli alleati, che dopo la formalizzazione nel cdm di oggi verrà messo nero su bianco nella lettera a Ursula.
LA DOMANDA
Ma se l’obiettivo della vicepresidenza da ieri è più vicino, resta una domanda di non poco conto: si tratterà di una casella esecutiva? Tradotto: Fitto avrà altri commissari sotto di sé, dovendo rispondere direttamente a von der Leyen? O sarà vicepresidente “semplice”? Troppo presto per rispondere, o per avere segnali dalla numero uno della Commissione. Quel che è certo è che – se vicepresidenza davvero sarà – Meloni potrà comunque rivendicare di aver centrato l’obiettivo che lei stessa si era posta: portare a casa di più di quanto l’Italia aveva ottenuto nel 2019, con la nomina di Paolo Gentiloni agli Affari economici.Casella pesantissima, sì, ma che di per sé non offriva la possibilità di coordinare un intero macro settore della politica Ue. Ecco perché la sfida è anche (e forse soprattutto) politica:incassare di più di quanto cinque anni fa riuscì al governo Conte II. Dimostrando agli avversari che la strategia di battere i pugni sul tavolo a Bruxelles, dicendo no a von der Leyen, non solo non ha fatto danni. Al contrario:ha funzionato.
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