Aspettare che la tempesta passi. E passerà, ne sono convinti a Roma come a Bruxelles. Che cosa sarà del destino di Raffaele Fitto, il ministro agli Affari Ue che Giorgia Meloni ha salutato con un addio «doloroso» per sceglierlo come commissario europeo? Sembrava fatta davvero, la notizia era rimbalzata in Italia dai giornali tedeschi. Ursula von der Leyen, presidente-bis della Commissione, è pronta a fare del colonnello pugliese di Fratelli d’Italia un suo colonnello in Europa: vicepresidente esecutivo della Commissione. E con una delega di peso: Pnrr e fondi di Coesione, un pacchetto da quasi mille miliardi di euro. Bollicine e abbracci, a Roma: la vittoria era a un passo.
I TIMORI
Nei giorni scorsi però qualcosa ha interrotto la festa. Una protesta prima discreta, ora plateale e rumorosissima di Socialisti, liberali e verdi — tre dei quattro partiti che con i Popolari hanno rivotato Ursula presidente — contro la nomina italiana. Quanto basta per calare un’ombra sui volti di Palazzo Chigi. Fitto, il ministro che fa dormire serena Giorgia Meloni, non si può bruciare. Il velo di pessimismo però è durato poco. Perché i telefoni a Palazzo Chigi hanno ripreso a squillare. Una rete, sia italiana che europea, per proteggere il commissario-in-pectore del governo italiano da imboscate. Raccontano di nuovi contatti tra la premier e i vertici europei. Da un lato Ursula, che avrebbe dato garanzie: su “Raffaele” — lo chiama così per la lunga consuetudine che li lega — non intende fare passi indietro. Dall’altro lato Manfred Weber, il leader bavarese dei popolari che d’intesa con Antonio Tajani lavorerà nell’emiciclo di Strasburgo per garantire i voti necessari a far eleggere Fitto commissario. Certo, delle parole ci si fida poco a Palazzo Chigi. Contano i fatti e cioè difendere la vicepresidenza esecutiva, il gallone con cui Fitto, da prima fila dei Conservatori, può entrare a testa alta nel nuovo esecutivo europeo. Peraltro coordinando sotto di sé un gruppo di commissari di altri Paesi. È proprio questo incarico ad essere finito nel mirino dell’asse progressista a Bruxelles, che da giorni tuona contro l’ingresso “in maggioranza” di un partito, i Conservatori, che ha platealmente votato contro la rielezione di von der Leyen lo scorso 18 luglio. Fitto in privato dispensa tranquillità. A Palazzo Chigi sono convinti che il tiro al piattello dei socialisti sia in realtà un tiro a rialzo: vorrebbero strappare a von der Leyen la nomina a commissario per Schmit, il lussemburghese che avevano candidato alla guida della Commissione.
Ma “Ursula” ha le mani legate: il premier del Lussemburgo Frieden non ha nessuna intenzione di sacrificare il suo candidato commissario popolare Hansen. Mentre i liberali di Renew al seguito di Macron, è la lettura a Roma, hanno ripreso a battere i pugni per contrattare un portafoglio più ampio di quello già grasso e influente — il mercato interno — prometto al commissario francese uscente Thierry Breton.
IL CANALE APERTO
Meloni è sicura che alla fine Fitto la spunterà. E questa convinzione è rafforzata da una serie di interviste e dichiarazioni di primissime file del Pd, da Zingaretti a Tinagli, molto aperturiste sull’ipotesi di un voto a favore di Fitto all’Europarlamento. C’è un canale discreto ma apertissimo tra la premier ed Elly Schlein, passa per whatsapp e ogni tanto da una telefonata informale. Lo stesso si è aperto tra i vertici di FdI e gli eurodeputati di Pd e Cinque Stelle a Bruxelles. Che Fitto «stupirà» al momento del test in aula con un discorso programmatico ecumenico, europeista. In una parola democristiano, come lui.
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