Gli ultimi ritocchi sono arrivati. Adesso la macchina del concordato biennale preventivo per le Partite Iva è pronta a partire. Il consiglio dei ministri ha approvato un decreto correttivo della delega fiscale, che sposta la data per l’accettazione (o il rifiuto) della proposta del Fisco dal 15 al 31 ottobre di quest’anno. Arriva anche un ulteriore piccolo aiuto per le Partite Iva. Dal calcolo dei redditi potranno sottrarre le “perdite su crediti”.
Redditometro, arriva lo stop. Concordato preventivo biennale, tutti i conti per bar e ristoranti
Le fatture, cioè, che non riescono a farsi pagare. Una richiesta arrivata dai commercialisti e che tiene conto anche dei ritardi nei pagamenti della Pubblica amministrazione. Il decreto correttivo introduce un’altra importante novità. L’ha annunciata direttamente il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo, padre della delega fiscale. Non ci saranno più «sanzioni per le imprese che ammettono, in via preliminare, eventuali violazioni con il Fisco. Resta inteso», ha detto Leo, «che, nei casi di frode, non ci sarà nessuno sconto sulle somme dovute allo Stato». Si tratta anche in questo caso, di una richiesta arrivata dai commercialisti che ieri per bocca del Presidente Elbano De Nuccio e del consigliere Salvatore Regalbuto, hanno plaudito alla decisione. Tecnicamente la norma prevede la non applicabilità delle sanzioni penali connesse al reato di dichiarazione infedele nonché delle sanzioni amministrative per coloro che si dotano volontariamente del tax control framework certificato da un commercialista o da un avvocato.
Il concetto è che, se si mostra tutto al Fisco, senza nascondere nulla, e il Fisco valida i conti, poi in caso emerga successivamente qualche contestazione se ne deve discutere soltanto sul piano tributario e non anche su quello penale. «Si tratta di novità quanto mai opportune – ha detto De Nuccio — per rendere ancora più efficace il regime, novità che in alcun modo possono essere lette come una depenalizzazione, essendo espressamente escluse simulazioni o frodi, ma rappresentano la logica conseguenza della totale disclosure della posizione fiscale del contribuente nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria».
LA SFIDA
Ma torniamo al concordato, la vera sfida del governo in vista della prossima manovra. L’Ufficio Parlamentare di Bilancio, nella sua relazione annuale, ha auspicato che le risorse per la riforma fiscale arrivino dall’attuazione della delega. In realtà già sta avvenendo. Il governo ha costituito un “fondo”, una sorta di salvadanaio dove stipare i proventi che arrivano dai decreti attuativi che man mano vengono approvati. Dentro questo salvadanaio ci sono ad oggi 3,8 miliardi per il prossimo anno e circa 3 miliardi a regime. Soldi che sono arrivati in gran parte dall’abolizione di una misura a sostegno della capitalizzazione delle imprese, l’Ace (acronimo di aiuto alla crescita economica). Il prossimo anno serviranno 4 miliardi circa per confermare la riduzione degli scaglioni fiscali da quattro a tre. I soldi in pratica già ci sono (mancano circa 200 milioni). Con un altro miliardo di euro dal 2026 in poi, il taglio dell’Irpef potrebbe diventare strutturale.
IL PASSAGGIO
Ma con la prossima manovra di Bilancio l’intenzione del governo è proseguire con il taglio delle tasse, dando qualche sollievo alla classe media. E qui entra in gioco il concordato biennale preventivo. A sottoscrivere il “patto” con il Fisco, saranno, 4,5 milioni di Partite Iva. La domanda che in molti si pongono, è in quanti aderiranno. Se saranno tanti, il governo avrà molte risorse a disposizione (non è stato ufficialmente stimato, ma girano cifre attorno ai due miliardi). Se le adesioni saranno poche, anche le risorse scenderanno e con loro saranno ridimensionati i progetti di tagli alle aliquote. Dalle prime simulazioni è emerso che le Partite Iva con un voto basso in pagella, dovranno far emergere redditi rilevanti, fino a otto volte quelli dichiarati oggi. Chi ha un voto basso perché evade, avrà convenienza ad aderire all’accordo? Una delle promesse è che i controlli saranno più stringenti sulle Partite Iva con voti bassi in pagella che non hanno sceltola via del concordato. Ma è anche vero che gli strumenti (e il personale) a disposizione dell’Agenzia delle Entrate restano sempre gli stessi. Anche per questo un’altra delle proposte dei commercialisti è quella di introdurre una flat tax tra il 10 e il 15 per cento sui maggiori redditi da dichiarare a seguito del concordato. Resta infine il tema del Redditometro. Leo ha chiarito che lo strumento già «non esiste più». Ma ci sarà un accertamento sintetico 2.0, un meccanismo con il quale il Fisco dovrebbe andare a colpire in maniera chirurgica i grandi evasori. Chi una Partita Iva nemmeno ce l’ha e magari gira con un Suv da 100 mila euro.
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